Sembrava fatta: l’accordo per una «lista di scopo» tra Italia viva di Matteo Renzi (grande sponsor, da conferenziere a gettone, del cosiddetto Rinascimento saudita) e +Europa di Emma Bonino, che ha nel dna liberalissimo la difesa integrale dei dritti umani, era praticamente annunciato. Si sarebbero aggiunti alla partita i socialisti di Enzo Maraio (nei mesi scorsi dati in procinto di appoggiarsi ad Alleanza Verdi Sinistra), gli europeisti di Volt e persino la «nuova Dc» dell’ex presidente della Regione Sicilia poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa Totò Cuffaro (il quale avrebbe in animo di piazzare in lista il suo genero ed ex sindaco di Agrigento, Marco Zambuto). Grande escluso, nel soggetto libdem all’insegna degli «Stati uniti d’Europa», sarebbe solo Carlo Calenda, che a più riprese ha detto di non volerci stare.

Ieri, però, si è messo di traverso l’ex sindaco di Parma (ed ex grillino) Federico Pizzarotti, che dopo faticose trattative sempre sul ciglio della rottura era rimasto in +Europa con la carica di presidente del partito. In forza di questa posizione, Pizzarotti deve dare il suo assenso alla lista. Il fatto è che pare non ne abbia alcuna intenzione. «Come si fa a dire che questa lista mette tutti d’accordo? – esclama Pizzarotti – Il primo ad entrare visivamente in questo agone è stato Cuffaro da una parte, con la Dc siciliana. Sembrava una battuta nei mesi scorsi dire ‘Con Renzi arriva Cuffaro” e invece è stato davvero il primo che è arrivato. Per non parlare di Cesaro in Campania. Altra famiglia conosciuta agli onori della cronaca non per esiti positivi. Penso che ci sia molto poco da essere soddisfatti».

Pizzarotti contesta la «fuga in avanti» di Renzi, che avrebbe indotto Calenda a farsi da parte. «Ci sarà bisogno di parlarne negli organi di +Europa – sostiene – Il simbolo stesso che abbiamo visto girare [un collage dei diversi simboli politici sotto la scritta Stati uniti d’Europa, Ndr] non era mai stato condiviso in nessun organo, io non lo avevo mai visto. Apprendere le cose da un tweet non è mai positivo per un dialogo interno e sereno».

Gli risponde direttamente Emma Bonino, nella sostanza rivendicando l’antica tattica pannelliana dell’alleanza a ogni costo e con chiunque all’insegna della pratica dell’obiettivo. «Una ‘lista di scopo’ è una ‘lista di scopo’ – dice la storica leader radicale – Se Pizzarotti ancora non ha capito gli posso consigliare di leggere la Treccani. E poi: «Se è così convinto ed innamorato di Calenda ci vada. Non ci siamo parlati, ma da settimane mi sembra così, se si vuole far eleggere da Calenda faccia pure».

Pizzarotti insiste e rivendica il suo ruolo di presidente del partito: «Non posso prestarmi a questa farsa lesiva degli interessi del partito e dei suoi elettori – fa sapere – Alle condizioni attuali non posso cofirmare, come da statuto, la proposta di partecipazione elettorale. Fermiamoci, azzeriamo tutto e ripartiamo tenendo alti i nostri principi di onestà, serietà e distanza assoluta da qualsiasi potere criminale».

Senonché, in serata sbuca una foto che ritrae proprio Carlo Calenda accanto a Zambuto. «Erano insieme ad una iniziativa di Azione in sua difesa, dopo essere stato assolto dall’accusa di abuso di ufficio», dice il renziano Luciano Nobili via X. È la conferma che l’affollamento di piccoli partiti, movimenti personali, singoli candidati in cerca di fortuna che vorrebbe comporre il centro (i più sofisticati leggano «Terzo polo») rischia di incartarsi da solo. Ma c’è tempo per ulteriori evoluzioni.