Maya Al Khaldi, artista, musicista e compositrice palestinese, ha presentato al Mao, Museo d’arte orientale di Torino il suo album Other World, ispirato al folklore palestinese reinterpretato in una nuova forma di espressione vocale, in costante cambiamento.

LA PERFORMANCE ha avuto luogo nell’ambito del public program della mostra Trad u/i zioni d’Eurasia. Il calendario di performance musicali Evolving Soundscapes, a cura di Chiara Lee e Freddie Murphy, si è costruito intorno a pratiche artistiche che raccontano di lotte per la libertà e la giustizia, di radici nel folklore e desiderio di trasformarlo, di storie di violenza, oppressione e resistenza. Tutti elementi che fanno da sfondo alla performance che ha visto in scena Maya Al Khaldi insieme a Sarouna, suonatrice palestinese di qanun, produttrice dell’album e fondatrice della casa di produzione da Tawleef.
In occasione della performance al Mao, Maya Al Khaldi e Sarouna hanno proposto brani ispirati alla tradizione delle lamentatio, espressione sonora del dolore e del lutto che, nel contesto del genocidio perpetuato da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese, ha avuto un’eco drammaticamente reale.

SI TRATTA di una tradizione canora censurata in Palestina, che ha quindi richiesto un lavoro di ricerca e riscoperta dei testi, su cui sono state riscritte le melodie a partire dal materiale recuperato dall’archivio audio della musica tradizionale palestinese del Centro d’Arte Popolare di Ramallah. Il materiale d’archivio è stato manipolato durante il live in un gioco di riflessi tra voce e suono, tra Maya Al Khaldi e Sarouna.
Canzone dopo canzone, l’Altro mondo del titolo sembra disegnarsi per stratificazioni, ripetizioni e riverberi di melodie, di suoni e di testi, mentre alle spalle delle artiste scorrono le immagini di un mare calmo, di un cavallo che si aggira per le strade di una città, e di mani, ma anche immagini di affetti come il fratello dell’artista a cui è dedicata una ninnananna e la nonna, considerata l’unica fonte di storie che risalgono a prima dell’occupazione della Palestina.
È stato un momento di condivisione reale, reso straziante da un sentimento di colpa condiviso dalle artiste, la colpa di desiderare soltanto di essere vive e condividere la loro musica. Ma è stato anche un tentativo di immaginare la solidarietà alla popolazione palestinese come pratica vissuta e possibile all’interno di un contesto museale, una pratica che ha innescato una catena solidale che si è concretizzata in un tour che porterà il loro lavoro in diverse città europee.

STASERA, alle 21,30 saranno al Centro Init di Roma, per poi continuare a far viaggiare il loro progetto, da Savona a Marsiglia fino a Anversa, Berlino, Losanna, approdando poi alla Biennale d’arte di Venezia, il 17 aprile.