Con le pagine di oggi si conclude il nostro viaggio nell’universo di Rocco Scotellaro a cent’anni dalla sua nascita. Certo, dedicare 14 pagine a un poeta e politico considerato importante ma minore, è stata un’avventura che pochi giornali nazionali fanno. In più Alias ha contribuito non solo a fare da apripista giornalistico (l’intuizione di iniziare il «viaggio» un anno prima) ad altre testate ma, ciò che più conta, a stimolare un dibattito e una «lotta culturale» (d’accordo, difficile) nei territori d’origine di Rocco.
Una lotta che continua. Chi voglia rileggere le pagine può consultare l’archivio del giornale ai seguenti numeri di Alias: n. 97 del 23 aprile 2022, n.11 del 14 gennaio 2023, n.89 del 15 aprile 2023, n.148 del 24 giugno 2023, n. 291 del 9 dicembre 2023, e le due pagine di oggi.

Dopo le elezioni regionali in Basilicata ritorna d’impeto la questione che si nasconde dietro il risultato più negativo dell’astensione: è il problema giovanile, vero spartiacque ormai per qualsiasi politica (nuova) del futuro in questi territori.

Per questo concludiamo il nostro viaggio dentro il mondo di Rocco Scotellaro, a cent’anni dalla sua nascita, proprio sulla questione della gioventù. Che è quella che ci porta di più dentro la realtà del futuro europeo mentre tutto il vecchio mondo si attarda in logiche «mediane» e grige, quanto non stupidamente localistiche. E stupisce, in questo, la maturità con cui Rocco affrontava (si veda la polemica con Croce qui a lato, ndr) questa questione sempre decisiva quando si vuol pensare al futuro. Ma la gioventù è stata emarginata qui non solo da classi dirigenti incapaci, ma anche da sé stessa attardandosi troppo in logiche subalterne. Così la realtà, in un territorio di grande possibilità di sperimentazione del nuovo, diventa stagnante, e allora altro che sconfitta elettorale, c’è semmai una sconfitta sociale.

Urge un sessantotto europeo, verrebbe da urlare, che spazzi via il vecchio mondo a partire da istituzioni che guardano il disfarsi del loro retroterra montano e collinare come se non si sapesse quali disastri produca l’abbandono delle zone interne nelle realtà metropolitane di pianura. E da Comuni ridicoli che non solo non si aggregano davvero per affrontare le sfide ma si attardano nella loro decadenza. La questione sociale è preminente per tutti, per la sinistra che vuole avere un futuro è obbligatoria. Così come è urgente il rilancio del partito di massa radicato nei territori dove ritrovare il principio comunitario (e il potere delle persone).

Ora che volgono al termine  le manifestazioni per il centenario di questo figlio dell’Italia migliore, è necessaria qualche considerazione ulteriore. Abbiamo iniziato questi articoli ricordando una fase abbastanza fertile della sinistra degli anni settanta/ottanta del secolo scorso, con i primi grandi rilanci della figura di Scotellaro che era precipitato in una dimenticanza assurda. Era ancora la Tricarico vivace e con progetti per il futuro. Lo abbiamo fatto per ricordare anche la miseria in cui poi è precipitata la situazione e la necessità di non attardarsi sui residui del passato ma costruire il nuovo.

E magari andare a Rocco, e ai suoi scritti inediti che si continuano a pubblicare (gli stupefacenti Taccuini e le pagine sul cinema con la sceneggiatura integrale dei Fuochi di San Pancrazio appena usciti da Quodlibet), tra cui lettere e testimonianze varie con un curioso interrogativo: che un giovane, indigente, umiliato dal potere persino col carcere ingiusto, abbia potuto scrivere tanto e sui temi più svariati. Una vitalità che richiama altre «dissipazioni» giovanili: sarà forse un caso il ritorno tra i lettori di un altro poeta e amante del cinema morto giovane come Dylan Thomas?

«Il passato è pesante, perché è già storia, e la storia, voglio vedere quando la capiranno, consiste di fatti e di idee, ma anche di sogni inespressi e di altrettante nascoste realtà individuali» scrive Scotellaro nel 1952 nei Taccuini inediti.

Torna dunque il giudizio formidabile di Carlo Levi: «Rocco è un poeta, per cui la poesia è creazione per sé e per gli altri, per tutti: è scoperta della verità, e nasce soltanto da un rapporto con gli uomini e col mondo».

E quello di Franco Vitelli: «Nel suo modo di essere si avverte un atteggiamento anticonformista che lo portava a esaltare lo spirito critico piuttosto che ’le istanze poste e predeterminate’ degli scolaretti ossequienti che vogliono fare carriera».
Rocco è esploso davvero in questo ultimo anno e nonostante il valore del glorioso volume di Tutte le opere uscito qualche anno fa, non sarebbe male un ulteriore arricchimento nello stile del Meridiano consacratore della sua opera. Manca forse qualcosa, anche se l’e-book uscito (vedere articolo qui a lato, ndr) comincia a colmare la lacuna: un volume di biografia critica del Nostro, anno per anno, minuziosa, colta e popolare di cui si sente la mancanza.

Rocco continua a crescere, dunque, e può produrre scintille se lo si guarda dall’alto della Letteratura. E i giovani di oggi, a partire da quelli lucani fuori e dentro il loro territorio, possono ancor più di ieri ritrovare nella vita e nei suoi scritti uno stimolo formidabile per l’avvenire. A condizione che di questo giovane tormentato che aveva imparato la solidarietà anche in terre lontane (liceo a Trento, allievo del cattolico socialista Giovanni Gozzer), non si dimentichino la spinta etica per gli altri, la curiosità formidabile verso il mondo, ma anche il dolore esistente nell’amore per gli altri che così mirabilmente descrisse nell’Uva puttanella: «Quando mi caricavano troppo, io ero solo di fronte ai loro malanni, alle loro grida, ai loro problemi recenti e remoti, taluni irrisolubili e disperati, allora prendevo il biroccio o la corriera o mi mettevo la via sotto i piedi, dovevano lasciarmi stare, si dispiacevano per avermi irritato, tornavano calmi ad aspettare il mio ritorno e le risposte che potevo alle loro domande».

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Il nuovo convegno dedicato a Scotellaro che si è svolto a Tricarico nei giorni 26 e 27 aprile, organizzato dal Comune e dallo Spi Cgil di Matera, fa un po’ da chiusura di questo anno di iniziative. In realtà c’è in piedi ancora un comitato nazionale che ha intenzione di continuare per un certo tempo. «Buon compleanno, Rocco – Festa popolare per il centenario di Scotellaro», questo il titolo dell’incontro, non poteva evitare, con la «festa», alcuni rischi localistici ma tant’è. Il convegno ha cercato di focalizzare aspetti della politica e della società di ieri e di oggi intrecciandoli con l’agire di Scotellaro.

È toccato a Pier Giorgio Ardeni, curatore, sottolineare che l’incontro è stato voluto soprattutto per riflettere sull’oggi tenuto conto che la crisi degli anni 40/50 sembra somigliare a quella odierna. Si è soffermato poi sul Mezzogiorno e sul suo sviluppo mancato. Alessandro Agosta ha messo il dito in quello spartiacque che fu la riforma agraria e la costruzione della Cassa del Mezzogiorno. Pino Ippolito Armino, Tonino Perna e Francesco Avolio hanno rispettivamente affrontato l’arretratezza meridionale di ieri e di oggi, le cause dell’emarginazione dell’antica questione, le definizioni ed etichette cucite addosso a Scotellaro.

Giuseppe Lupo si è assunto il ruolo di bastian contrario: ripercorrere la distanza tra Carlo Levi e Rocco Scotellaro, già sviscerata in un suo libro, con un tentativo forse un po’ forzato. E se Enrico Pugliese è ritornato sulla questione dell’emigrazione, Enrica Morlicchio ha analizzato il pericolo desertificazione in molte zone del Sud rilevando che il declino non riguarda più solo le zone interne. Michele Capriati ha messo il dito nella piaga della politica economica: «Esistono gli esseri umani in economia, le persone, e mi sento di dire che questo era anche lo spirito di Scotellaro».

Davide Bubbico ha focalizzato i processi di lavoro in Basilicata con attenzione alle varie fasi dell’industrializzazione, mentre l’antropologa Laura Marchetti si è soffermata sul gioco dello scambio, nei versi di Scotellaro, a partire dalla parola Patria con Matria. Giovanni Kezich ha lanciato un fantasioso e brillante paradigma cristologico a proposito di Scotellaro mentre Francesco Sinopoli, presidente della Fondazione Di Vittorio, ha concluso con un appassionato richiamo alla partecipazione popolare fondamentale per uscire dalle secche di oggi.