La giunta militare alla guida del Niger ha autorizzato il personale militare russo dell’Africa Korps ad entrare nella 101esima base aerea nigerina alla periferia di Niamey, capitale del Paese, che ospita già truppe tedesche, italiane e soprattutto statunitensi. La decisione segue l’ultimatum del governo nigerino dello scorso marzo, quando ha chiesto a Washington di ritirare i suoi 1000 soldati di stanza nel Paese africano, un ritiro già avviato ma che, a questo punto, potrebbe essere accelerato.

«I RUSSI SONO in un complesso separato e non hanno accesso alle forze statunitensi o al nostro equipaggiamento» ha detto ieri alla stampa il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin, che ha aggiunto di non vedere «problemi significativi in termini di protezione dei nostri militari». Secondo l’Agenzia di informazione russa Iniziativa africana, l’arrivo dei russi in uno degli hangar della base avrebbe messo in uno stato di maggior allerta le truppe americane, mentre «l’esercito italiano non ha nulla contro i russi e curiosamente è andato a fare jogging mattutino vicino alla posizione delle unità dell’Afrika Korps». Africa Korps è il nuovo brand sotto il quale opera la vecchia struttura del gruppo mercenario Wagner, assorbita oggi dal ministero della Difesa russo dopo la morte del fondatore Prigozhin.

IN NIGER, Paese del Sahel guidato da una giunta militare dallo scorso 26 luglio, sono presenti 250 militari italiani impiegati nella missione di addestramento Misin e l’Italia è oggi l’unico Paese europeo e occidentale ad avere ancora buoni rapporti con il Paese africano. La prima missione congiunta italiana di alti funzionari degli Esteri e della Difesa dopo gli avvenimenti politici del 2023 si è svolta ai primi di marzo e, sempre a marzo, la visita a Niamey del direttore dei servizi segreti esteri Giovanni Caravelli ha avuto ampia eco anche sui giornali nigerini. Un approccio «pragmatico e flessibile» come lo ha definito il ministro Antonio Tajani, in un’area dell’Africa da Roma considerata di interesse nazionale e che oggi, con la convivenza con i russi, diventa di interesse ancor più strategico: Washington era stata chiara con la giunta di Niamey sulle «linee rosse» da non superare per non far precipitare le relazioni e una di queste era la vicinanza, peggio ancora la convivenza, di truppe russe e americane nella stessa base. L’arrivo di personale militare di Mosca era in realtà una questione di tempo, ragion per cui gli americani avevano spostato da Niamey ad Agadez buona parte dei droni e delle attrezzature utilizzate nelle operazioni antiterrorismo e di intelligence. Gli specialisti russi sono a Niamey dallo scorso 12 aprile in seguito a un accordo siglato tra Russia e Niger ad ottobre: ufficialmente il loro ruolo è quello di istruttori militari, ma questo vale anche per altri contesti, come il Mali, la Repubblica Centrafricana e il Sudan, nei quali vengono poi impiegati in operazioni sul campo e dove sono accusati di gravi violazioni dei diritti umani.

TUTTAVIA, il deteriorarsi delle relazioni dei Paesi saheliani con l’Europa e gli Stati uniti, in seguito a più di 12 anni di fallimenti nella lotta al terrorismo islamista e di guerra civile transnazionale in quella che oggi è la più grande area di conflitto del mondo, il Sahel sta spalancando le porte alla Russia, interessata a garantirsi canali commerciali, di approvvigionamento e voti all’Onu. Mosca sta applicando un’ampia strategia politica di influenza in Africa e sembra che l’imperialismo neocoloniale occidentale decadente stia lasciando spazio a un nuovo spregiudicato imperialismo neocoloniale russo.