Sergio Lombardo, dopo la recente retrospettiva bolognese alla Villa delle Rose, a cura di Anna Mecugni e dedicata alla produzione 1960-’70, arriva, con altre opere e allestimento, fino al 2 giugno, alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo, città che dall’autunno sarà teatro della macchina delle celebrazioni vasariane, a cura di Moira Chiavarini e Simone Zacchini.

Il repertorio di Lombardo parte dai «gesti tipici» degli anni sessanta e arriva alle inquietanti «facce», una riflessione acida sull’ossessione attuale per il selfie. Il progetto è sostenuto dalla casa editrice Magonza, che pubblica anche una notevole raccolta degli interventi dell’artista, dal 1963 al 1999, sempre a cura di Zacchini (pp. 535, € 30,00), che presenta in fondo al volume le opere esposte in galleria. L’intero percorso è all’insegna della radicalità, a partire dal primo intervento nel 1963, l’epoca della pop, in una collettiva dove era insieme a Renato Mambor e Cesare Tacchi. «La nostra pittura non è protesta, ma narrazione di fatti concreti e giudizio filtrato attraverso l’Erlebnis del nostro essere di tutti i giorni; è il recupero della coscienza in una civiltà dove ogni tipo di reazione tipica normale o abnorme è scontata nell’uniformità automatica dei comportamenti tipici».

Dopo un passaggio nella dimensione del monocromo, all’inizio degli anni sessanta nelle sue opere compaiono i leader del mondo (De Gasperi, De Gaulle, Kennedy, Kruscev, Mao Tze Tung, con sigaretta e bocchino, e Fanfani, che a quanto pare mandò inviati per sapere se era possibile acquisire le sue fattezze in chiave di avanguardia), tutti presentati nel 1963-’64 come atto di retorica fisica, privi del volto, con una pittura volutamente rapida, senza la precisione iperrealista che il periodo preferiva. Di lì a poco cambia completamente il panorama, con l’epoca dei Superquadri del 1965. Il nome assona con un’epoca di ricerca, che vede la nascita del collettivo Superstudio a Pistoia nel 1966. Da quella stagione provengono anche le Strisce ondulate extra (1966), davanti a cui l’artista venne ritratto, e i Punti extra (1966).

Sergio Lombardo, «Pittura Stocastica SAT (LAB)», 1990. Fotografie Alessandro Sarteanesi

Il superquadro rimontato ad Arezzo introduce la necessità dell’intervento dello spettatore nel procedimento, con la richiesta di una presa di posizione critica. Nel 1967 è il momento della Scatola con trenta aste, in legno laminato in cinque colori, che il pubblico doveva prendere e collocare nello spazio cambiando la natura dell’opera. Nella stessa stagione compare anche il Supercomponibile (moduli curvi e retti), 1967, e Disporre 127 cubi nel modo più semplice (1968), in cui il numero permette ogni conformazione pensabile, ma mai di avere una struttura completa, mancando sempre un elemento in laminato nero o essendocene uno di troppo.

Uno dei punti estremi di questa fase è il progetto Sfere con sirena, presentato al Padiglione Italia nella Biennale 1970. Come riepiloga Lombardo in una videointervista in mostra, il meccanismo prevedeva oggetti di diversi colori, dall’aspetto giocoso, che quando venivano toccati facevano esplodere un suono assordante e minaccioso. In una conferenza del 15 dicembre 1975 all’Accademia di Belle Arti di Roma, davanti a un pubblico di studenti, all’epoca delle contestazioni continue, la sua definizione di «ricerca» è lapidaria: «per ricerca intendo un processo sperimentale puro, in cui l’oggetto cercato non è conosciuto, ma è conosciuto soltanto lo stimolo a conoscere».

È il momento della definizione dell’eventualismo: «il mio lavoro consiste nella ricerca di strumenti adatti a provocare un comportamento significativo del pubblico». Proprio in quella azione si dà il senso, perché «il comportamento non è conservabile, né commerciabile, irripetibile, è imprevedibile, anormale, improbabile». Nelle proposizioni di Lombardo risuona la pratica di psicologo, nell’indagine acutissima dei moventi della visione.

Per uscire dal mercato dell’arte Lombardo aprì, con Anna Homberg e Cesare Pietroiusti, lo spazio Jartrakor nel 1977 a Roma, dove furono ospitate anche mostre di Giacomo Balla, Ettore Colla e Piero Manzoni. Molti interventi dell’artista furono ospitati nella «Rivista di Psicologia dell’Arte», che aprì le pubblicazioni nel 1979 e che continua ancora oggi le sue attività (le pubblicazioni si trovano anche online). Il lavoro dell’artista si basa sempre su calcoli, grafici, tabelle, equazioni, che vengono inseriti nell’opera come per rendere possibile la verifica delle operazioni. Memorabili Progetto di morte per avvelenamento (1970), con una busta sigillata e un flacone di nitrato di stricnina, e I sogni indotti per mezzo di istruzioni ipnotiche registrate (1979), realizzato insieme a Pietroiusti.

L’attualità della ricerca è quella di Faces, edito sempre da Magonza nel 2022, a cura di Simone Zacchini. Il concetto principale, come per i pavimenti, è quello «stocastico», ossia imprevedibile. Sono creazioni «generate da numeri random, molto lontane dall’immaginazione e dalla realtà». Nelle parole dell’artista il risultato finale deve essere «sufficientemente non realistico da stimolare l’osservatore a evocare il massimo di diverse interpretazioni consce e inconsce». L’effetto è inquietante, a partire dal procedimento che formula dei prototipi di volto umano, con il minimo possibile di tratti, passando poi a una serie di interventi secondo codici prestabiliti, che portano a un risultato grottesco, orrifico.

La programmazione, il procedimento portato in primo piano è anche nel progetto precedente Quilting (sempre pubblicato da Magonza nel 2019, sempre a cura di Zacchini), basato su una serie di tassellature stocastiche. Nel Novecento italiano i modelli matematici nell’arte tornano in figure assai diverse tra loro, come quella di René Paresce, italien de Paris, che negli anni venti voleva dipingere l’atomo, unendo visione scientifica e suggestione pittorica metafisica, e Lucio Saffaro, matematico, che era diviso tra ricerche sui nuovi poliedri e la creazione di una pittura rigorosa di minacciose figure geometriche (una grande retrospettiva è stata presentata al Palazzo Fava a Bologna la scorsa estate).

Il fascino dell’opera di Lombardo, oggi riproposta, è nel continuo, complesso equilibrio tra il massimo della preparazione, del progetto, e l’imprevedibile accadimento, anche minimo, che ne integri il meccanismo. La radicalità dei propositi, l’atteggiamento di critica al mercato, la maniacale attenzione a ogni singolo dettaglio del meccanismo creativo, si unisce a una curiosità costante sulle potenzialità dell’interazione umana.