«Lo slogan della giornata, che abbiamo scritto anche sullo striscione d’apertura, è “clima, pace, lavoro”. Perché clima lo sappiamo: il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre, maciniamo record negativi su record negativi. La pace è evidentemente riferita alla Palestina. Il lavoro per noi è centrale. Qua a Torino abbiamo creato una bellissima convergenza coi lavoratori di Mirafiori: siamo stati al loro corteo e loro sono venuti al nostro». A parlare è Luca Sardo, studente di Economia dell’ambiente all’Università di Torino e attivista di Fridays For Future fin dagli esordi.

Di tutti gli scioperi globali per il clima (le manifestazioni studentesche nate nel 2019 dalla protesta solitaria di Greta Thunberg) quello di ieri è stato uno dei più peculiari. Innanzitutto per l’enorme presenza della causa di Gaza: nelle grandi città le comunità palestinesi si sono unite ai cortei, e in mezzo alle bandiere verdi dell’ecologismo sono spuntati il rosso, il bianco e il nero panarabi. Poi per la partecipazione dei sindacati, in particolare alcuni settori della Cgil che in città come Firenze, Bologna e Torino stanno costruendo solidi rapporti col movimento per il clima. Infine per la resilienza di un rituale, quello dello sciopero globale, che non accenna a tornare ai fasti degli inizi ma nemmeno a sparire.

La data del 19 aprile doveva centrarsi all’inizio sulla risposta al green backclash, il contraccolpo verde. È questo uno dei nomi che la stampa europea ha dato alla battuta d’arresto che la transizione ecologica sta subendo nel Continente, stretta tra le spese legate al riarmo e una destra radicale che promette di smantellare il Green Deal non appena ne avrà la possibilità. La soluzione per Fridays For Future Italia e le altre realtà che hanno animato le piazze di ieri sta nell’alleanza con il mondo del lavoro, a partire dalle vertenze nella logistica e nell’automotive. L’esempio guida è quello dei lavoratori ex-Gkn di Campi Bisenzio, anche ieri in piazza, che da due anni occupano il loro stabilimento chiedendo conversione ecologica, nazionalizzazione e ripresa della produzione.

Il massacro a Gaza, però, si è inevitabilmente imposto. «Abbiamo dedicato la data di ieri interamente alla Palestina, in concomitanza con la fine dei lavori del G7 a Capri» spiega Michela Spina di Fridays For Future Napoli. «È stato un bel momento, le comunità palestinesi si sono unite al corteo» è la testimonianza di Michele Ghidini, attivista bresciano. «Non si può parlare di giustizia climatica senza parlare di Palestina»: la pace e la fine dell’occupazione come priorità ma inserite nell’elaborazione che il movimento ecologista ha creato negli anni.

«Qui in Sardegna insiste un pericoloso piano di metanizzazione e slitterà la chiusura del carbone. Chiediamo che vengano fermati» spiega Luca Pirisi. Nella sua Cagliari anche Ultima Generazione ha partecipato al corteo, stavolta non bloccando le strade ma con uno spettacolo nella centralissima piazza Yenne. «Siamo molto soddisfatti! Abbiamo potuto lanciare in modo adeguato la proposta di intervento pubblico per la reindustrializzazione ecologica dell’ex Gkn. È questa la cornice: intervento pubblico per rendere possibile e giusta la transizione» dice Giorgio de Girolamo, attivista pisano. In alcune città più piccole si è deciso di manifestare domenica, per consentire anche a chi lavora di partecipare. «Qui a Pavia sciopereremo nel week end. Ieri siamo stati nelle scuole a dibattere. C’è voglia di parlare di clima» conclude Pietro Losio.