«Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io». Con slogan, fischietti, molto rumore e nessuna violenza è andata in scena la contestazione alla ministra della Famiglia Eugenia Roccella durante il suo intervento all’Auditorium della Conciliazione, a Roma, in occasione degli «Stati Generali della Natalità» organizzati dalla Fondazione per la Natalità in collaborazione con l’Istat. L’esponente del governo, che ha già collezionato tre contestazioni di questo tipo in un anno, non ha voluto concludere il suo discorso e ha abbandonato il palco, accusando di «censura» i manifestanti. Solidarietà alla ministra è stata espressa da più parti e in particolare dal presidente Sergio Mattarella che le ha telefonato stigmatizzando l’accaduto: «Voler mettere a tacere chi la pensa diversamente – ha detto – contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione».

SI DISCUTEVA DI NATALITÀ, ma con un’«impostazione culturale patriarcale», secondo i collettivi studenteschi romani Aracne e Artemis. D’altronde Roccella, ex militante radicale, è ormai da tempo una delle esponenti di punta dell’ideologia pro-life. Solo qualche giorno fa, per esempio, nella sede di Assolombarda a Milano la ministra si era così espressa: «Quando le donne fanno un figlio fanno una cosa per tutti, è il lavoro più socialmente utile che ci sia». Ma Eugenia Roccella le contestazioni sa come usarle. Ai primi fischi ha preso il microfono: «Ragazzi ma noi siamo d’accordo, ma nessuno ha detto che qualcun altro decide sul corpo delle donne, proprio nessuno». Una manifestante è stata invitata a parlare sul palco ma dopo poche battute è stata interrotta dall’organizzatore, Gigi De Palo, che ha preferito far andare avanti il dibattito, rinviando il turno della ministra.

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Roccella però ha deciso di abbandonare l’Auditorium scrivendo poco dopo su Facebook con tono vittimistico: «Sono certa che la segretaria del Pd Elly Schlein, tutta la sinistra, gli intellettuali – Antonio Scurati, Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Chiara Valerio, ecc. -, la “grande stampa” e la “stampa militante” che abbiamo visto in queste ore mobilitata in altre sedi, avranno parole inequivocabili di solidarietà nei miei confronti dopo l’atto di censura che questa mattina mi ha impedito di parlare agli Stati generali organizzati dalla Fondazione per la Natalità per svolgere il mio intervento e anche per rispondere ai contestatori-censori e interloquire con loro».

ANCHE I MANIFESTANTI hanno lasciato la sala, dopo Roccella. Un altro gruppo di studenti presenti alla kermesse, tutti maschi, li ha contestati lanciando loro dell’acqua. Ma questi ultimi sono rimasti mentre i primi sono stati accompagnati fuori dall’Auditorium. Per l’organizzatore dell’evento, però, «nessuno ha cacciato nessuno». In ogni caso, stando a quanto sostiene il segretario di + Europa Riccardo Magi, «sono stati identificati».

IL SOSTEGNO ALLA MINISTRA arriva da ogni dove, a cominciare dalla premier Giorgia Meloni che ha definito l’accaduto «uno spettacolo ignobile» di cui è «responsabile un gruppo di contestatori che si riempiono la bocca delle parole libertà, rispetto e autodeterminazione delle donne, ma poi amano la censura e impediscono ad una donna di parlare perché non ne condividono le idee». «È ora di dire basta», scrive su X. Uno alla volta, tutti i ministri esprimono vicinanza alla loro collega.

A lei si stringono però non solo i membri della maggioranza. «Piena solidarietà» anche da Marco Tarquinio, candidato alle europee del Pd, «per il tentativo di non far sentire la sua voce». «Conosco lei e so con quali intelligenza e garbo sostiene le sue posizioni – dice l’ex direttore dell’Avvenire, che sull’aborto la pensa come Roccella – Conosco personalmente la forza ostile delle chiusure e dei rifiuti di chi vuol tacitare le voci scomode. Ho subito ripetutamente questa tenaglia politico-mediatica sul tema che mi è caro, quello delle politiche per la pace». Si dissocia dalle modalità della protesta anche la dem Laura Boldrini che però precisa: «La censura, quella vera, è quella che il potere esercita sul dissenso, mentre il dissenso è l’unica possibilità nelle mani di chi il potere non ce l’ha di fare sentire la propria voce». Giuseppe Conte parla di «cosa negativa» e consiglia agli studenti «di lasciar parlare la ministra la prossima volta e di contestarla pacificamente, anche sonoramente, alla fine».

DI SEGNO OPPOSTO invece Angelo Bonelli (Avs): «Io non condanno. Contestare è alla base della democrazia. Dopo che avete occupato ogni spazio pubblico dell’informazione con i suoi comizi a reti unificate, dopo che avete consentito l’ingresso delle organizzazioni integraliste religiose nei consultori per sabotare la Legge 194 – dice – io sto dalla parte delle studentesse che hanno esposto dei cartelli con scritto “Sul nostro corpo, decidiamo noi”».