La vicenda della vendita della storica Agenzia Italia alle società di Antonio Angelucci, parlamentare della destra e con il core business nelle cliniche private, è al di là del bene e del male. Sono talmente tanti i profili di dubbia legittimità, che si spera qualche giudice a Berlino stia vigilando.

La risposta data in parlamento dal ministro dell’economia Giorgetti alle interrogazioni sulla materia è stata evasiva, per usare un eufemismo. Eppure, proprio il Mef è chiamato in causa per la dubbia correttezza della vendita – da parte di una società partecipata come l’Eni – di una testata immaginata da Enrico Mattei per avere una voce autonoma e indipendente dai grandi colossi petroliferi.

Ecco, allora, che si pone una questione grande come una casa: può essere ceduta un’agenzia che partecipa alla gara pubblica indetta nei giorni scorsi dall’apposito dipartimento della presidenza del consiglio? E il limite antitrust sancito per la carta stampata dalla normativa in vigore non riguarda – con un’interpretazione evolutiva della stessa legge – anche le agenzie?

Insomma, nelle stesse mani ricadrebbero Il Giornale, il Tempo, il gruppo di cui è capofila il Corriere dell’Umbria e – attraverso una fondazione – Libero, con la ghiotta aggiunta dell’Agenzia Italia. Autorità competenti, per favore, non assistete a simile scempio in silenzio. Per di più, ora che in Europa è stato varato l’European Media Freedom Act, piuttosto aspro in tema di concentrazioni. E altrettanto netto sui conflitti di interesse, aggirati impunemente in un caso di scuola come questo.

Come mai, di fronte ad un simile scempio foriero di potenziali controversie giudiziarie, la destra procede come uno schiacciasassi? Ma quale destra? Angelucci è stato eletto con la Lega, ma intrattiene ottimi rapporti con Fratelli d’Italia. Forse meno proprio con il mondo berlusconiano, visto che Mediaset è ormai in posizione asimmetrica rispetto alla compagnia di Giorgia Meloni.

Una lettura neanche troppo tirata della storia è verosimilmente la costituzione di un polo informativo alleato ma competitivo rispetto alle aziende di Cologno Monzese. E le elezioni europee sono alle porte. Un pasticciaccio leggibile, dunque, con le lenti maligne e ciniche della politica romana e dei suoi magheggi. È augurabile che chi ha deciso di correre tale avventura ci ripensi, perché rischia di impantanarsi in un territorio viscido e insidioso.

A pagare lo scotto di tutto ciò sono coloro che lavorano nell’agenzia. La federazione della stampa e il comitato di redazione hanno inaugurato una vertenza che si annuncia aspra e lunga. Scioperi, ritiro delle firme, richieste di incontro al sottosegretario con delega all’editoria Barachini sono l’antipasto.

Se dovesse passare il misfatto servirebbe uno sciopero generale delle categorie interessate e, al minimo, la richiesta di dimissioni dalla Camera dei deputati del citato Angelucci. L’aria che si respira è nauseabonda. L’informazione è a rischio.