New entry africana nella lista dei “paesi sicuri” in cui l’Italia conta di rispedire i migranti richiedenti asilo, il Camerun, meno di 30 milioni di abitanti suddivisi in circa 200 gruppi etnici e linguistici, fu dapprima colonia tedesca, poi spartito tra inglesi e francesi, infine indipendente dal 1960. Dal 1982 il Paese ha avuto in Paul Biya, che fu peraltro premier durante i sette anni precedenti, l’unico presidente. Oggi 91enne, il più longevo capo di stato continentale è noto per essere anche uno dei più autoritari.

Le cronache e i rapporti delle organizzazioni umanitarie raccontano di arresti politici indiscriminati, giornalisti minacciati e talvolta uccisi se osano scoperchiare il malaffare politico-economico (il caso più eclatante è quello di Martinez Zogo, direttore di Amplitude FM), rapper e cantanti incarcerati se osano prendere di mira il potere costituito (il celebre Lapiro deMbanga ha scontato tre anni in cella per una canzone), comunità lgbtq perseguitata. Senza dimenticare l’annoso conflitto con la guerriglia separatista nelle regioni anglofone del nord e del sud-ovest, costellato di violenze e omicidi extra-giudiziali. Insomma, il Paese non è esattamente un esempio di rispetto per i diritti umani, le minoranze, la libertà di espressione. E men che meno un modello di alternanza democratica.