«Gli ucraini non hanno chiesto truppe Nato in Ucraina, quello che hanno chiesto è più supporto». E comunque «la Nato non ha intenzione di schierare forze in Ucraina». Accolto ieri a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg prova a stemperare le tensioni legate a un impensabile, almeno per ora, intervento dell’Alleanza nel conflitto russo-ucraino. Ipotesi, va detto, alimentata dal presidente Volodymir Zelensky che ha pubblicato sul suo sito una petizione in cui si chiede lo spiegamento di truppe Nato nel paese. Petizione che in poche ore ha raccolto più di duemila firme, ma immediatamente bollata come una «provocazione» dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha anche avvertito: «naturalmente la stiamo osservando da vicino».

Niente boots on the ground, dunque, ma l’occidente non farà mancare il suo sostegno a Kiev. Nel suo incontro con Meloni, Stoltenberg non ha nascosto la soddisfazione per la decisione dell’Italia di inserire nel nono pacchetto di armi destinato all’Ucraina anche un sistema di difesa aerea anti missile Samp/T che l’Italia produce insieme alla Francia. Una decisione scontata, visto che se ne parla da settimane, ma finora rimandata per la necessità di garantire un’adeguata difesa nazionale in vista sia del G7 di luglio in Puglia che del Giubileo sempre più vicino. Esclusa, invece, ogni ipotesi di un intervento diretto nel conflitto russo-ucraino, come ipotizzato invece dal presidente francese Emmanuel Macron. Al segretario della Nato Meloni ha infatti ribadito la posizione del governo di non inviare soldati al fronte di guerra, mentre ha concordato sulla necessità di discutere, al prossimo vertice previsto per luglio a Washington, di come rafforzare l’Alleanza, compreso il contributo di Roma che la Nato chiede di far arrivare al 2% del Pil speso nella difesa contro l’1,5% scarso a cui è ferma oggi l’Italia.

Intanto ieri alla Camera è passato, seppure con molti distinguo, il decreto che prevede la proroga delle 40 missioni internazionali già in atto e di alcune nuove (la spesa prevista è di 1,3 miliardi di euro per il 2024), insieme alla ripresa dei finanziamenti all’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che si occupa dei profughi palestinesi, ma solo per progetti mirati. Una scelta criticata da Pd e M5S: «Il governo – ha detto il deputato Marco Pellegrini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Difesa – ha annunciato la riapertura di alcune linee di finanziamento specifiche, ma allora perché oggi in aula ha respinto la nostra richiesta di ripristinare questi finanziamenti? L’umanitarismo verso i palestinesi che Meloni rivendica è solo una presa in giro».

Per quanto riguarda l’Ucraina si è registrato il sì dei Dem e il no di M5s e Avs alla proroga della missione Euman, mentre le opposizioni hanno votato unite sul no alla missione di sostegno alla cosiddetta Guardia costiera libica, protagonista di numerose violenze nei confronti dei migranti che blocca nel Mediterraneo riportandoli in Libia. «Il rifinanziamento delle missioni in Libia rappresenta, per il nostro Paese, una scelta indegna», ha affermato Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra intervenendo nell’Aula. «È la scelta di un Paese che reitera la propria cooperazione e collaborazione non con Stati, ma con milizie che sono spesso e volentieri le prime responsabili di quella tratta degli esseri umani che voi dichiarate solennemente avversario sul “globo terracqueo”».