Klodian Rasha come George Floyd, ammazzato dalla polizia in circostanze ancora tutte da chiarire. È successo alla mezzanotte di martedì scorso in una periferia di Tirana e da allora in Albania è esplosa la rabbia. Klodian, 25 anni, era uscito di casa per andare a comprare le sigarette e bere un caffè. Aveva commesso una leggerezza però: era uscito nonostante ci fosse il coprifuoco senza indossare la mascherina. E quella leggerezza a Klodian è costata la vita.

«SI TROVAVA A POCHI METRI da casa, racconta il fratello raggiunto dal manifesto. Non sappiamo esattamente quello che è successo. Quel che so è che il poliziotto ha aperto il fuoco contro una persona disarmata. Hanno raccontato che Klodian era armato, è una falsità. Hanno raccontato che è morto mentre veniva trasportato in ospedale, è una falsità. Mio fratello è morto sul colpo, freddato da due colpi di pistola esplosi dalla polizia. Non cerco nient’altro che giustizia».

Difficile sapere se si giungerà mai a ricostruire quanto realmente accaduto. Per ora sono state riportate versioni discordanti. In un primo momento sembrava che Klodian fosse stato fermato per aver violato le misure restrittive imposte dalla pandemia e che la polizia avesse sparato contro il ragazzo perché armato. Poi si è parlato del rinvenimento di una pistola a pochi metri dal cadavere, il tutto mentre circolava la notizia di precedenti penali del ragazzo ucciso, successivamente smentiti.

Insomma l’impressione dell’opinione pubblica è che le autorità e i media filogovernativi abbiano costruito una campagna per coprire i responsabili e screditare la vittima.

La procura di Tirana ha aperto un’indagine sulla vicenda e dopo la prima notte di proteste il ministro degli Interni Sander Lleshaj ha rassegnato le dimissioni in un clima di crescenti tensioni. Il primo ministro albanese Edi Rama ha parlato di un «caso isolato» e si è detto «fiero dell’alto senso di responsabilità dimostrato dal ministro, che non è né direttamente né indirettamente colpevole di questa tragedia».

EPPURE TUTTO QUESTO non è bastato a placare l’ira dei cittadini che sono scesi nuovamente in piazza per protestare contro la morte ingiusta di un ragazzo e i presunti tentativi della polizia di insabbiare la verità. Le manifestazioni, che da Tirana si sono allargate al resto del Paese, sono degenerate in una vera e propria guerriglia urbana. La polizia ha reagito lanciando gas lacrimogeni e utilizzando i cannoni ad acqua per disperdere la folla.

Pesante il bilancio: decine i feriti, di cui alcuni in condizioni gravi, 69 arresti e 116 indagati con l’accusa di aver organizzato proteste non autorizzate e di aver arrecato danni a beni di proprietà pubblica.

«NON MI ASPETTAVO questa reazione, commenta Boiken Abazi, leader del movimento d’opposizione Vetevendosje Albania, contattato dal manifesto. Alle proteste hanno preso parte soprattutto i giovani delle periferie, quelli più svantaggiati, che sentono maggiormente l’oppressione delle autorità. Ci sono diversi fattori che si accumulati nel tempo: una situazione economica già precaria, portata all’estremo dalla pandemia. E poi il volto arrogante e aggressivo della polizia che arriva a uccidere un giovane di 25 anni ha fatto il resto. D’altronde non è la prima volta che le forze dell’ordine si scagliano contro i più deboli. Da una parte percepiscono di essere nel mirino, dall’altra sentono di non aver nulla da perdere».

E FORSE NON È UN CASO che il volto delle proteste sia proprio quello di un giovane rapper, Arkimed Lushaj, meglio noto come Stresi, che ieri ha lanciato un ultimatum al capo della Polizia Ardi Veliu, già bersaglio di critiche per il pestaggio di un sedicenne da parte della polizia reo di aver violato le regole anti Covid. «Si dimetta o Tirana andrà a fuoco» ha avvertito il rapper, ricercato dalla polizia per aver organizzato le proteste. Dimissioni richieste a gran voce dalla piazza e che Rama ha escluso: «Se lo possono scordare», ha detto il premier. «Il ricatto e la violenza contro la polizia – ha proseguito – non hanno nulla a che fare con la libertà o la democrazia». Almeno quanto l’omicidio di un venticinquenne disarmato.