Il polverone sollevato dalla bomba che ha gettato Sánchez mercoledì sera nella politica spagnola annunciando di essere arrivato al limite della sopportazione non si è ancora depositato. Le reazioni a una decisione tanto inusuale quanto sorprendente vanno dall’incredulità alla solidarietà.

Non è la prima volta che l’alleanza fra la destra mediatica, quella giudiziaria e quella politica hanno preso di mira qualche personalità politica di sinistra per cercare di fargli gettare la spugna. Lo stesso Sánchez – come lui stesso ricordava nella lettera pubblica – era stato defenestrato dal Psoe dai poteri forti. Ma vittime del lawfare sono stati politici di Podemos: lo stesso Pablo Iglesias e Irene Montero, oltre a essere fisicamente assediati dai fascisti per mesi nella casa in cui vivono con i tre figli, sono stati denunciati innumerevoli volte per presunti finanziamenti illeciti, pagamenti illeciti alla babysitter, e molto altro, tutto sempre archiviato. L’ex vicepresidente valenziana Monica Oltra di Compromís (partito di sinistra ex alleato di Podemos) dovette lasciare l’incarico per accuse dimostrate anni dopo infondate – dopo che ormai il suo partito aveva perso le elezioni. L’ex capolista di Podemos alle Canarie, la giudice Victoria Rosell era stata accusata falsamente da un altro giudice (ora in carcere per questo): ma lei dovette rinunciare a candidarsi. L’ex sindaca di Barcellona Ada Colau ha ricevuto venti denunce dai poteri forti della città per presunti delitti: tutte archiviate, che però l’hanno logorata politicamente. A un ex deputato di Podemos, Alberto Rodríguez, addirittura venne ritirato il seggio parlamentare a seguito di una condanna per fatti totalmente inverosimili.

Sono gli stessi poteri che hanno colpito decine di politici indipendentisti catalani, o con pene spropositate per il referendum del 2017, o con accuse montate ad arte dalla polizia segreta di Mariano Rajoy. Anche per la moglie di Sánchez accadrà lo stesso: la pubblica accusa ha chiesto ieri di archiviare il caso aperto da un giudice sulla base di otto ritagli di giornale, di cui uno notoriamente una bufala: si tratta di un finanziamento del governo ricevuto da una impresaria con lo stesso nome della moglie del capo di governo, Begoña Gómez. Peccato non sia lei. Negli altri articoli apportati da Manos Limpias, un’organizzazione di estrema destra che si definisce però come «sindacato di funzionari», Gómez viene accusata di aver usato la sua posizione per favorire diverse imprese – ma senza apportare evidenze. Lo stesso capo di Manos Limpia Miguel Bernad ha ammesso ieri di non sapere se le accuse sono vere e che dovrà essere il giudice a stabilirlo. Peccato che la giurisprudenza del Tribunal Supremo – gerarchicamente superiore al giudice che ha aperto l’indagine segreta mercoledì e a cui la Fiscalía ha chiesto l’archiviazione del caso – è molto chiara in merito da più di 20 anni: per aprire indagini bisogna che ci siano elementi fattuali, non ritagli di giornale.

Che farà Sánchez lunedì? Sì dimetterà cinque giorni dopo aver confessato che ci sta pensando? O come si fa marcia indietro dopo aver esposto in questo modo la propria fragilità, aizzando la destra a continuare ad attaccarlo? Il suo partito lo appoggia, e forse spera di ricevere maggiore solidarietà dagli alleati. Forse ha un altro asso nella manica. O magari neanche lui sa ancora cosa farà.