La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha inviato all’ispettorato generale una richiesta formale di «svolgere con urgenza i necessari accertamenti preliminari» sull’inchiesta di Trapani. Nei giorni scorsi Andrea Palladino aveva rivelato sul quotidiano Domani che nelle 29mila pagine di accusa contro le Ong Iuventa, Medici senza frontiere e Save the children ci sono anche intercettazioni di giornalisti che negli anni scorsi hanno raccontato, sul campo, il soccorso umanitario nel Mediterraneo centrale e la difficile situazione libica.

La notizia è stata diffusa ieri dal ministero di via Arenula mentre si apriva un’iniziativa a difesa della libertà di stampa organizzata da Articolo 21 e Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi). Tra gli ospiti avvocati e giornalisti intercettati e i rappresentati del sindacato. Durante la «manifestazione virtuale» sono emersi elementi inquietanti relativi alle registrazioni delle conversazioni telefoniche e alla loro trascrizione e conservazione nelle carte dell’inchiesta.

«Le intercettazioni che mi riguardano sono state disposte ai sensi dell’articolo 266 comma 2 del codice penale che consente di intercettare persone non indagate. Ogni 15 giorni il Pm chiedeva al Gip di rinnovare l’autorizzazione. Sono andati avanti per mesi, ma poi nell’informativa finale non è rimasta neanche una riga. Se le informazioni raccolte non erano rilevanti perché continuavano a intercettarmi?», ha detto Nancy Porsia. La reporter freelance si era trasferita in Libia nel 2013 ed è stata tra i pochissimi giornalisti a livello internazionale a lavorare sul campo negli anni più difficili per il paese nordafricano. «Di ciò di cui ho discusso con le mie fonti libiche non c’è nulla nelle carte. Temo che quelle registrazioni siano finite altrove», ha detto Porsia, puntando il dito contro il Servizio centrale operativo della polizia, che ha condotto le indagini al servizio del Viminale guidato da Marco Minniti (Pd).

Nello Scavo, del quotidiano Avvenire, ha parlato di un modus operandi che «getta scandalo» sulle indagini e ha sottolineato gli effetti che l’inchiesta sta già producendo. «Le fonti sono preoccupate. Avremo ancora testimoni disposti a farsi intercettare per passare informazioni ai giornalisti?», ha chiesto. Il cronista di Radio Radicale Sergio Scandura ha inserito il procedimento di Trapani nel contesto del «buco nero» del Mediterraneo centrale. «A essere colpito è il diritto alla conoscenza», ha affermato Scandura. Il giornalista ha messo in fila alcune delle modalità utilizzate per far calare il silenzio su ciò che accade in mare: dai porti di sbarco interdetti alla stampa ai centralini della guardia costiera che non rispondono più al telefono.

Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti, rispettivamente segretario generale e presidente Fnsi, chiedono di intervenire a livello legislativo a protezione della libertà di stampa sbloccando le norme ferme in parlamento: dal tema delle querele bavaglio alla tutela del segreto professionale. Intanto il numero dei giornalisti intercettati nell’inchiesta di Trapani, e in quella di Siracusa contro Mediterranea, potrebbe essere più ampio, includendo reporter stranieri e altri giornalisti Rai. «Sia reso noto l’elenco completo», hanno scritto in una nota congiunta Usigrai e Fnsi.