La Convenzione civica per il clima è in dirittura d’arrivo: i 150 cittadini francesi, tirati a sorte, che dall’inizio di ottobre 2019 si sono riuniti nei fine settimana, il 6, 7 e 8 marzo dovranno votare le proposte dei gruppi di lavoro tematici e presentare, il 4 aprile prossimo, le conclusioni al governo (quelle approvate con più del 50% saranno trascritte sotto forma di legge, scartate invece quelle con meno del 20% e tra il 20 e il 50% verranno riviste e riproposte al voto).

IN SEI MESI DI LAVORO, 150 persone hanno avuto l’incarico di riflettere per trovare delle «misure per ridurre almeno del 40% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, in una logica di giustizia sociale». Poi, toccherà al governo concludere l’iter legislativo. Emmanuel Macron si è impegnato a farlo «senza filtro», quando le proposte sono «precise, chiare, dettagliate»: potranno essere trasformate in legge, senza emendamenti, oppure sottoposte a un referendum popolare con domande multiple.

L’idea nasce l’anno scorso alla fine del Grande Dibattito, è la trovata di Macron per uscire dalla grave crisi dei gilet gialli, esplosa all’inizio (fine 2018) come rivolta contro un aumento delle tasse sulla benzina, deciso per lottare contro il riscaldamento climatico. Come fare accettare alla popolazione delle decisioni impopolari? Come recuperare un’immagine ammaccata dopo molti tentennamenti sull’ecologia e le dimissioni esplosive del popolare ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot a fine estate 2018, che ha accusato Macron di cedere alle lobbies?

All’attivo del governo, c’è la rinuncia all’aeroporto di Notre-dame-des-Landes, la sospensione di una miniera in Guyana e l’impegno di chiudere le centrali a carbone e ridurre la dipendenza dal nucleare.

I gilet gialli, sfidando la democrazia rappresentativa classica (elezioni e rappresentanza parlamentare), avevano chiesto di tirare a sorte dei cittadini, per trasformarli in legislatori. Così, è stato costituito il panel di 150 persone partendo da 255mila numeri di telefono, sotto controllo giudiziario, facendo in modo che fosse rappresentativo della popolazione: ci sono persone tra i 16 e gli 80 anni, di tutte le regioni, sono più donne che uomini, più tra i 50 e i 64 anni che tra i 18 e i 24, più senza diploma di studi superiori che con, il 26% sono operai e impiegati, il 9% quadri superiori e professioni liberali. Per comporre il panel sono state contattate molte più persone delle 150 entrate alla fine nella Convenzione civica, il 30% ha accettato subito, il 35% ha chiesto tempo prima di rispondere, un altro 30% ha rifiutato immediatamente, soprattutto per mancanza di tempo.

L’OPERAZIONE COSTA 4,5 milioni di euro (spostamenti, alloggio). I lavori sono stati divisi in atelier tematici: casa, trasporti, produrre-lavorare, alimentazione, consumo. Le conclusioni di questi gruppi di lavoro saranno esaminate in due sedute nei prossimi fine settimana, per poi passare al voto generale per scegliere il programma da presentare al governo. I lavori si sono svolti sotto la supervisione di tre “garanti”: Thierry Pech del think tank di centro-sinistra Terra nova (ha lavorato alla Cfdt, è stato collaboratore del sociologo Pierre Rosanvallon e direttore della collana La République des idées per l’editore Seuil); Laurence Tubiana, economista, ambasciatrice per i negoziati della Cop21 di Parigi del 2015 e dal 2017 presidente dell’European Climate Foundation; Cyril Dion, giovane poeta e militante ecologista, regista del documentario Demain, realizzato nel 2015). Nei sei mesi di lavoro, i 150 cittadini tirati a sorte hanno scelto e invitato una sessantina di esperti per delle audizioni, tra essi militanti associativi e ambientalisti, scienziati, banchieri, anche la gilet gialla Priscilla Ludosky e il presidente Macron.

LO SCOPO DELLA CONVENZIONE civica per il clima è anche di rinnovare la democrazia. In Gran Bretagna l’hanno imitata, con l’avvio il 25 gennaio scorso dell’Uk Citizen’s Climate Assembly. In Spagna ci sarà una Convenzione sul modello francese. Nel recente passato ci sono stati esempi in Francia, su scala più piccola, di questa forma di democrazia deliberativa, destinata a combattere la diffidenza verso le istituzioni classiche, il modello è stato sperimentato nella Columbia Britannica e in Ontario (Canada), oltreché in Islanda e in Irlanda.

Le idee in discussione vanno dalla lotta all’invasione del cemento al rinnovamento energetico delle case, si parla di limite delle emissioni di Co2 degli aerei e dell’impatto carbone del digitale, di proibizione del riscaldamento esterno nei bar, di 19° massimo negli appartamenti, di favorire trasporti sostenibili, ma anche – ed è il punto più sensibile – di bloccare accordi internazionali come il Ceta (con il Canada), di principio di precauzione ecc.

MOLTE ONG AMBIENTALISTE accusano la Convenzione di “fumisteria” fatta da Macron per “guadagnare tempo”, mentre tutte le soluzioni sono già note, ma manca la volontà di applicarle. Yannick Jadot, leader di Europa Ecologia, spera che dei cittadini combattivi e di buona volontà mostrino infine la luce a un presidente della Repubblica che da due anni ha ridotto l’ecologia a slogan». Ma il primo ministro, Edouard Philippe, mette in guardia: «Non ci sono soldi magici».