La premiata ditta Alfano & Verdini vuol rimettere in agenda il Ponte sullo Stretto. Mentre il Mezzogiorno, dalla Puglia alla Sicilia, è affastellato di binari cancerogeni mai bonificati.

Tonnellate di traversine in legno, tossiche ed irritanti, sono state sequestrate ieri su un tratto di linea ferroviaria che corre lungo le coste del Tirreno cosentino. Gli uomini della Gdf ne hanno scoperte quasi 70. Le traversine erano ammassate nel piazzale di una stazione nei pressi di Paola. Eppure, non dovrebbero essere lì. Perchè dal 2001 la Ue ha certificato la pericolosità del creosoto, sostanza di cui sono impregnate. Lo Iarc di Lione, l’ente che ha compilato le schede dei prodotti pericolosi, definisce il creosoto composto cancerogeno di seconda categoria. In parole povere, la sua cancerogenicità è del tutto certa. Fino a qualche anno fa, su quei pezzi di legno poggiavano i binari. Poi, le traversine sono state rimosse. Ma il business continua. Anzichè prender la via dello smaltimento come rifiuti speciali e pericolosi, le traversine vengono smerciate, rivendute illegalmente, piazzate sul mercato estero. Anche dalle mafie che spesso fanno il lavoro sporco di interrarle. A sud come a nord. Sotto la linea ferroviaria Lecco-Milano, nel tratto del raddoppio Airuno-Usmate, sono state sepolte dalle ‘ndrine lombarde le vecchie traversine imbevute di amianto. Questa è verità giudiziaria.

In teoria, le Ferrovie dello Stato sarebbero obbligate a smaltirle affidandosi a ditte specializzate. La realtà è ben diversa. E quelle traversine sono ancora in giro. In parte sono state trasformate in panchine. Altro legno è stato impiegato per realizzare camminamenti nei giardini di ville signorili, per costruire staccionate e palizzate. Persino nei parchi giochi. Ma, cosa assai più grave, sono state impiegate per realizzare i filari nei vigneti, per pavimentare le stalle. E’ presumibile che prima di finire sul mercato nero, non siano state neppure sottoposte a trattamenti di bonifica, costosi e laboriosi. La bonifica di una sola traversina, infatti, costa oltre duecento euro. Ora si insinua il dubbio che qualcuno stia pensando di riutilizzarle per svecchiare alcune linee. Ma, nonostante siano un rifiuto speciale pericoloso, continuano ad essere richieste. Sono resistenti e a basso costo. Negli anni scorsi, alcune decine di migliaia sono state vendute in Albania. Altre migliaia sono state date a contadini e giardinieri delle campagne del meridione.

Dello smaltimento delle traversine si è occupata anni fa la Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti. Tutto partì dal sequestro, nei pressi di Lucca, di traversine ferroviarie contaminate, un caso simile a quello paolano. Dalle carte parlamentari emerge la filiera di smaltimento delle traversine. «Se il materiale non può essere riutilizzato, viene ordinato sul piazzale, prelevato dall’azienda autorizzata che ha vinto la gara e portato a destinazione» spiegò alla commissione d’inchiesta, il direttore della manutenzione di Rfi, Matteo Triglia. Ma le traversine cancerogene come dovrebbero essere trattate? «La aziende specializzate decorticano alcune parti del manufatto e le sottopongono ad analisi per verificare se le sostanze pericolose si siano abbassate rispetto alla soglia. In caso negativo, il materiale viene inviato in un impianto di termocombustione». Diverso il discorso per il materiale da recuperare: «Dopo la selezione tecnica – precisò il funzionario di Rfi – viene messo da parte in attesa di essere riutilizzato nelle scorte dell’azienda. Non ci sono aree di stoccaggio fisse». Così come, quel che è più grave, non esiste un piano nazionale di dismissione. Ma tanti, troppi, contratti con ditte private. Insomma, una deregulation preoccupante.

La procura di Cosenza ha aperto un fascicolo d’indagine.

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La lettera del 23 ottobre 2015 di Rfi

L’articolo «Traversine Tossiche alla stazione FS. Indaga la procura» (Silvio Messinetti – il manifesto 17 ottobre 2015) merita alcune precisazioni.

Venerdì 16 ottobre 2015 è stato concluso, nel rispetto delle leggi in materia di sicurezza ambientale, lo smaltimento delle traversine in legno presenti nella stazione Praja-Ajeta-Tortora. Erano state rimosse dai binari, e accantonate in un’area di cantiere, durante i lavori di potenziamento infrastrutturale della stazione.

Il cronoprogramma dei lavori, approvato nei mesi precedenti, prevedeva il loro effettivo smaltimento a partire da venerdì 9 ottobre. Da lunedì 12 ottobre è stato possibile rimuoverle con una ditta specializzata, già peraltro individuata, previa autorizzazione, su istanza di RFI, dell’Autorità giudiziaria (erano state poste sotto sequestro dalla Guardia di Finanza lunedì 5 ottobre).

Rete Ferroviaria Italiana (Gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale) realmente, non in teoria come scrivete, utilizza ditte specializzate e certificate per smaltire i rifiuti pericolosi. Su questo tema l’attenzione di RFI è stata sempre massima. Per garantire il recupero nella piena tutela dell’ambiente i contratti quadro stipulati con le imprese specializzate prevedono particolari performance ambientali, più restrittive rispetto alla normativa vigente. Con la classificazione, nel 2002, del legno creosotato come rifiuto speciale pericoloso (nuovo Codice Europeo dei Rifiuti), Rete Ferroviaria Italiana ha ulteriormente intensificato i controlli sulle attività dei propri fornitori. Inoltre, RFI impedisce tassativamente che le traversine in legno siano smaltite direttamente dalle imprese appaltatrici dei lavori.

Le traversine in legno vengono sostituite, con traverse in cemento armato precompresso, man mano che il binario arriva alla fine della sua vita tecnica, quindi durante interventi dedicati di manutenzione delle linee ferroviarie. Parlare quindi di piano nazionale di dismissione è inappropriato. Negli ultimi 20 anni, poi, è stata drasticamente ridotta la presenza di traversine in legno sugli oltre 16.700 km di rete ferroviaria. Dagli anni ‘90 le Ferrovie non vendono più traversine in disuso ai privati, che comunque dovevano sottoscrivere un impegno a usare i materiali sulla base delle modalità consentite dalla normativa. È priva di ogni fondamento, poi, l’ipotesi che le traversine in legno non più in uso siano riutilizzate per “svecchiare” alcune linee ferroviarie.

Rete Ferroviaria Italiana si riserva di tutelare la propria immagine nelle sedi più opportune in relazione alla vostra insinuazione di un velato coinvolgimento nel «business illegittimo di rifiuti speciali e pericolosi».

Stefano Biserni, Relazioni con i Media, Rete Ferroviaria Italiana

La replica di Silvio Messinetti

Tutto vero quel che scrive Stefano Biserni, dirigente di Rete ferroviaria italiana. Ma non è tutta la verità.

E qui entra in gioco la politica con le sue responsabilità.

Nessuno nega che Rfi stia rimuovendo e poi sostituendo nel corso degli anni le traversine in legno. Ma la questione è un’altra. Concerne la fase successiva della filiera quando Rfi cede il passo ad aziende private. Che fine fanno le traversine sostituite? Quale sicurezza abbiamo che siano effettivamente smaltite come rifiuti speciali pericolosi? Non potrebbero essere smerciate illegalmente, piazzate sul mercato estero o magari interrate? Affidarsi ai privati ha dei vantaggi in termini di snellezza della procedura. Ma presenta dei costi in quanto a trasparenza.

Quale certezza abbiamo che le aziende prelevino le traversine per portarle poi a destinazione? Praticamente nessuna. Anche perché non esistono aree di stoccaggio fisse.

Nell’inchiesta della Dda di Milano, che nel 2010 ha sgominato la ‘ndrangheta in Lombardia, sono eloquenti i racconti degli operai di una di queste ditte. Nel corso del rifacimento del tratto Airuno-Usmate nello smantellare la vecchia ferrovia le traversine dovevano essere estratte dai binari, poi accantonate, infine frantumate.

Sulla carta, e, magari, nero su bianco nei contratti. In realtà, questa cosa non veniva fatta. E le traversine erano prelevate, portate in altro luogo sempre sul tratto della ferrovia e poi sotterrate. Per inciso, quelle traversine erano inquinanti non solo per il creosoto ma anche perché imbevute dell’amianto derivante dai freni.

Tornando al caso nostro, le 70 tonnellate di traversine sequestrate erano accatastate in uno spiazzo insieme a due vagoni abbandonati e quintali di materiale edile. Senza l’intervento dell’autorità giudiziaria che fine avrebbero fatto?

Ecco, le istanze degli ambientalisti per un piano nazionale di smaltimento e di bonifica alludono proprio a questo. E chiamano in causa il governo.

Silvio Messinetti