La nave umanitaria Open Arms si trova in rada a Porto Empedocle e dovrà restarci fino al 2 marzo prossimo. Per l’equipaggio sono stati disposti 14 giorni di quarantena a bordo a partire dallo sbarco, avvenuto il 16 febbraio, di 146 persone salvate nel Mediterraneo centrale nei giorni precedenti. Nessuna di loro, però, è risultata positiva al coronavirus dopo i tamponi effettuati all’arrivo (mentre chi partecipa alle missioni si sottopone a quarantena e poi tampone prima della partenza).

IL PERIODO di isolamento è stato deciso dall’Usmaf siciliano. La sigla sta per Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf), «strutture direttamente dipendenti dal ministero della Salute dislocate omogeneamente sul territorio nazionale». Dal ministero presieduto da Roberto Speranza (LeU) fanno sapere che la misura si basa sull’articolo 8 lettera b) del Dpcm del 14 gennaio 2021. Il testo si riferisce alle persone, «anche asintomatiche», che hanno soggiornato o transitato nei paesi considerati più a rischio. Tra loro ci sono quelli del gruppo E che riunisce gli Stati non menzionati ai punti precedenti, come la Libia. Per questo i migranti che sbarcano in Italia sono trasferiti sulle cosiddette «navi quarantena».

Dal periodo di isolamento, però, sono esplicitamente esentati «equipaggio e personale viaggiante» (punto 7 dello stesso articolo). L’eccezione è stata confermata anche nell’ordinanza del ministero della Salute del 13 febbraio 2021 che fissa ulteriori limitazioni a chi proviene dal Brasile, dove è diffusa una delle varianti di Covid-19 che destano maggiori preoccupazioni. In questo caso gli equipaggi devono fare il test all’arrivo. In pratica una hostess o uno steward che sono stati chiusi in aereo per 8-9 ore con decine di persone tra cui potrebbero esserci dei positivi alla pericolosa variante non devono necessariamente isolarsi, mentre l’equipaggio di una nave umanitaria su cui sono risultati tutti negativi sì.

BISOGNA POI CONSIDERARE che sulle imbarcazioni delle Ong si applicano rigidissimi protocolli sanitari, che prevedono l’utilizzo di mascherine Ffp2, visiere e tute di biocontenimento ogni volta che c’è un possibile contatto con le persone salvate. Proprio come avviene nei reparti o negli ospedali Covid-19, dove ovviamente il personale non viene messo in quarantena. Finora queste misure hanno funzionato: tra gli equipaggi non si sono registrati contagi neanche quando alcuni dei naufraghi erano positivi.

Gli alti standard delle procedure sanitarie della Open Arms sono garantiti da Emergency, che ne cura l’aspetto medico. Il 15 febbraio scorso questa Ong ha ricevuto il premio Cese per la solidarietà civile da parte del Comitato economico e sociale (Cese) «per l’assistenza fornita in Europa e nel mondo nel contenimento della pandemia, in particolare attraverso il suo “Modello riproducibile di misure di sicurezza e protezione”».

MENTRE OPEN ARMS era bloccata dalla quarantena, davanti alla sua prua sono transitate due navi commerciali che hanno sbarcato a Porto Empedocle oltre 300 migranti salvati nel Mediterraneo (e due cadaveri). La Asso Trenta è approdata lunedì mattina intorno alle 7. Ha fatto scendere 232 persone, di cui 50 positive al coronavirus. È comunque potuta ripartire e 24 ore dopo era già a Malta. Il 25 gennaio la stessa nave aveva portato a Lampedusa 75 naufraghi. In quell’occasione riprese il mare circa due ore dopo lo sbarco. Sempre dal ministero fanno sapere che per gli equipaggi di guardia costiera, guardia di finanza e delle navi commerciali che effettuano salvataggi vale l’eccezione prevista al punto 7. Per loro sì, per le Ong no.

IL CONTRASTO della pandemia richiede massimo sforzo e grande prudenza, ma le misure necessarie non possono essere discriminatorie perché altrimenti non sono di natura sanitaria, ma politica. Soprattutto quando ostacolano dei servizi essenziali come le operazioni di soccorso in mare, che negli ultimi sette anni hanno salvato decine di migliaia di vite.
Dal 16 al 22 febbraio secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) 1.315 esseri umani sono stati intercettati e ricondotti con la forza nell’inferno libico. È notizia di mercoledì che su una barca partita il 18 febbraio dal paese nordafricano 41 persone hanno perso la vita, mentre altre 77 sono state salvate dalla nave commerciale Vos Triton il 20 febbraio e sbarcate a Porto Empedocle tre giorni dopo.

LA QUARANTENA a bordo degli equipaggi delle Ong rischia di diventare un altro tassello della strategia di contrasto delle missioni umanitarie nel Mediterraneo. Una strategia che dal secondo governo Conte ha utilizzato misure meno appariscenti di quelle dell’ex ministro Salvini, come i fermi amministrativi delle navi, ma a volte persino più efficaci.