La prima mozione approvata dice che bisogna rivedere tutto il programma di acquisto degli F35 e dimezzare il budget previsto. Ma le altre che bisogna rispettare tutti gli impegni assunti con gli americani della Lockheed, cercando però di risparmiare. La via finanziaria al pacifismo, o al semplice buonsenso, è tortuosa. E così mentre i parlamentari del Pd che sono riusciti a far passare l’atto di indirizzo rivendicano il taglio del 50% dei caccia d’attacco (da 90 a 45), e che sia stato il parlamento a decidere, il governo offre subito una lettura opposta: la camera avrebbe legittimato il programma F35 e saranno l’esecutivo e gli stati maggiori a decidere quanti aerei comprare. Lo faranno (in teoria entro fine anno) con il Libro bianco che nelle intenzioni della difesa (ribadite al Quirinale) non dovrebbe passare per il parlamento. E così se ieri alla camera si è fatto un passo nella direzione giusta, è vero anche che di buone mozioni è lastricata la via dei peggiori governi.

La mozione Scanu e altri nasce dal documento del Pd approvato in commissione difesa al termine dell’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma. E dall’iniziativa di Sel che è tornata a chiedere, con i Cinque stelle, l’immediata e totale cancellazione del programma Joint Strike Fighter. Una lunga mediazione tra la maggioranza del gruppo democratico della camera che considera sbagliato insistere con gli F35 – l’aveva detto anche Renzi nella campagna per le primarie – e il ministero di Roberta Pinotti che pensa l’opposto, si è risolta con una mozione breve che si limita a richiamare il documento (assai più avanzato) e non mette esplicitamente in discussione la conferma del programma. Così il sottosegretario alla difesa, il generale Rossi, ha potuto dare parere positivo alla mozione Pd, ma anche a quelle di Forza Italia, Scelta civica e Ncd, tutte approvate. Commentando a cose fatte che «il parlamento ha di fatto dato il via libera al programma degli F35, indispensabile nel processo di ammodernamento dello strumento militare italiano».

Di certo la difesa e il governo tutto, con il presidente del Consiglio giusto in viaggio a New York, fanno buon viso a cattivo gioco. Ma non cambia la trama della polemica tra esecutivo e legislativo: a chi l’ultima parola sulle spese militari? La legge 244 del 2012 è chiarissima nell’assegnarla alle camere, ma non è richiamata nella mozione e soprattutto non è questa la lettura del governo né del Consiglio supremo di difesa che alloggia al Quirinale. Il Libro bianco è un tentativo degli stati maggiori di aggirare l’ostacolo parlamentare. La ministra lo benedice: «È su quella base che decideremo quali sono i rischi e le minacce e quindi cosa ci serve per il futuro». Poi Pinotti sottolinea che nella mozione del Pd «si è computato il ritorno economico del progetto F35 che dunque non dev’essere solo un costo per il paese». Peccato che il documento approvato dalla commissione difesa abbia fatto chiarezza sul fatto che dal programma «non sono garantiti significativi ritorni industriali», visto che «l’occupazione che si genererà non può considerarsi aggiuntiva a quella già attualmente impiegata nel settore aeronautico, ma solo parzialmente sostitutiva».
C’è anche altro in quel documento, che però non è riuscito a diventare un atto di indirizzo del parlamento. Per esempio la proposta di

istituire anche in Italia un’autorità di controllo sulla spesa per gli armamenti. O la denuncia del «fenomeno ricorrente» degli alti gradi militari che migrano ai vertici delle aziende belliche. Due proposte di legge, la prima a firma Bolognesi e la seconda Galli (deputati Pd), stanno facendo timidi passi in commissione per provare a trasformare gli auspici in atti concreti. Nel frattempo, mentre il Washington Post racconta di un nuovo stop del Congresso Usa al Pentagono che proponeva l’acquisto di altri F35, in Italia Vendola accusa la maggioranza e il governo per «aver detto contemporaneamente sì al dimezzamento e sì al mantenimento degli F35». E i Cinque Stelle battono sullo stesso tasto: «La mozione è un piccolo passo, ma nella direzione sbagliata, i fondi andavano azzerati e il programma cancellato». Dal Pd spiegano che l’interpretazione corretta delle mozioni incrociate è un’altra: «Il programma va mantenuto risparmiando al massimo, dice la destra; va dimezzato, diciamo noi. Dunque va come minimo dimezzato».

La battaglia sul destino del caccia d’attacco si sposta al prossimo appuntamento. Sul Libro bianco la difesa sta cercando suggerimenti dal cittadino comune, con il metodo Renzi delle email, ma intanto non ha coinvolto le camere. E così il presidente della commissione del senato Nicola Latorre, non un avversario del programma F35, chiama la ministra a riferire sul Libro bianco in commissione «per fornire il contributo del senato al lavoro del governo». E contributo è diverso da voto.