Emanuele Fiano, il presidente del suo partito, Matteo Orfini, ha detto che trova «vergognoso che De Gennaro», capo della Polizia nel 2001, sia presidente di Finmeccanica». Lei è d’accordo?

La vergogna è quello che è successo alla Diaz e a Bolzaneto. Ovviamente sono contro tutte le violenze, e quindi quelle dei black bloc, ma certo le mattanze della Diaz e di Bolzaneto sono state raccapriccianti. Immagino che questa vergogna porti Orfini a fare una valutazione politica complessiva su chi aveva la responsabilità dell’ordine pubblico. Ma io sono garantista sempre, mi attengo alla verità processuale.

In alcuni casi la prescrizione non ha consentito condanne. In altri casi le condanne sono arrivate.

Infatti, una cosa sono i colpevoli individuati e condannati, e ricordo che la condanna è arrivato fino al numero due della polizia. Ma De Gennaro alla fine di tre gradi di giudizio è risultato innocente, e chi ha rispetto per il diritto deve dire che è un uomo innocente. Ma, ripeto, capisco la valutazione politica di chi dice che in una verticale di comando ci sono responsabilità oggettive.

Renzi ha promesso che il reato di tortura sarà nel nostro ordinamento. Quando?

La legge andrà in discussione forse domani pomeriggio (oggi, ndr), o martedì.

La sentenza di Strasburgo chiede anche di introdurre l’identificativo degli agenti, al quale fin qui la politica è stata allergica.

Il ministro ha chiarito che questo tema verrà inserito in un progetto di legge sulla sicurezza urbana, che quindi affronta tematiche inerenti alla gestione dell’ordine pubblico. Arriverà entro qualche settimana al senato, dove sono in calendario due proposte, una di M5S e una del Pd, a firma di Manconi. Ci sono diverse esperienze a cui ispirarsi. In Germania per esempio l’identificativo è a rotazione e identifica la squadra e non la singola persona, in modo che l’agente che commette l’eventuale abuso possa essere identificato dagli inquirenti, dalla magistratura e dai propri superiori, ma non da chiunque.

Il suo collega Manconi parla di un ritardo nella politica italiana a causa della «sudditanza psicologica nei confronti delle forze dell’ordine».

Io non la sento. E nel fare politica, e da cultore e praticante della democrazia e della trasparenza, mi sono sempre sforzato di ascoltare anche le donne e gli uomini impegnati nella tutela dell’ordine pubblico nelle piazze. Quando c’è un corteo o una manifestazione, ci sono due diritti da tutelare: il diritto di chi manifesta, che è un cardine della democrazia, e quello di chi sta difendendo quel diritto a manifestare, cioè di chi tutela l’ordine a poter svolgere il suo loro lavoro senza che le leggi lo possano colpire in maniera indiscriminata. Nessuna sudditanza. Ma neanche nessun tipo pregiudizio , o di odio, nei confronti dei tutori dell’ordine che fanno un lavoro difficile. Io penso che dopo Genova l’Italia sia cambiata.

In realtà ora introdurrete il reato di tortura, ma dal 2001 sono passati quindici anni.

La politica è arrivata con ritardo, ma io credo che da Genova 2001 l’Italia è cambiata e anche le forze dell’ordine hanno cambiato, almeno in parte, il modo gestire l’ordine pubblico. Da quelle mattanze dobbiamo trarre una lezione non punitiva ma moderna, democratica e trasparente.