Peter Pellegrini è quindi il nuovo presidente slovacco. 49 anni il prossimo ottobre, di origine italiana, come suggerisce chiaramente il cognome, Pellegrini ha prevalso sul suo avversario, Ivan Korcok, un diplomatico pro Ue.

Economista di formazione, il neoeletto al secondo turno, ha affermato di voler essere un presidente impegnato nella difesa degli interessi nazionali slovacchi e ha assicurato che farà del suo meglio perché il paese resti dalla parte della pace e non della guerra. Qui il riferimento al conflitto russo-ucraino è evidente; d’altra parte quello della guerra tra Mosca e Kiev è stato uno dei temi centrali della campagna elettorale di questo paese. Va detto che già prima delle legislative, l’attuale primo ministro Robert Fico aveva anticipato che, se fosse tornato al potere, avrebbe interrotto gli aiuti militari all’Ucraina; cosa che è effettivamente successa.

Pellegrini è già stato ministro in precedenti esecutivi guidati da Fico ed è stato capo del governo nel periodo compreso tra il 2018 e il 2020. Era stato nominato primo ministro nel marzo di sei anni fa dall’allora capo di stato Andrej Kiska; ciò era avvenuto dopo le dimissioni di Fico conseguenti all’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak che stava indagando su certe connessioni fra l’esecutivo e la ‘Ndrangheta. 27 anni, Kuciak era stato ucciso nella sua abitazione insieme alla fidanzata Martina Kušnirová. Era il febbraio del 2018; il fatto aveva sollevato indignazione nel paese, con conseguenti manifestazioni e dimissioni del governo allora in carica.

Nel 2020 Peter Pellegrini si è staccato dallo Smer-SD (Direzione Socialdemocrazia) e ha fondato il partito di centro-sinistra Voce-Socialdemocrazia (HLAS-SD). I due soggetti politici sono alleati nell’attuale governo che è formato da una coalizione a tre di cui fa parte anche il partito SNS (Partito Nazionale Slovacco), soggetto politico chiaramente nazionalista.

L’analista Tomas Koziaka aveva previsto una Slovacchia destinata a seguire l’esempio di Viktor Orbán, in caso di vittoria di Pellegrini. Un esempio che il “mondo occidentale” stigmatizza come prova di spirito antidemocratico del tutto estraneo ai valori sostenuti spesso ipocritamente da Bruxelles, da Washington e via discorrendo. A parte questo va osservato che, in effetti, Bratislava ha ora presidente e capo del governo che convergono su diversi aspetti, tra i quali quello relativo al conflitto russo-ucraino rispetto al quale Orbán ha da subito fatto la sua scelta. Ora a maggior ragione sembra che il premier ungherese stia trovando nella Slovacchia quell’alleato che aveva in Polonia all’epoca del PiS al potere. Secondo Orbán il governo del paese confinante condivide col suo la difesa della sovranità nazionale e la preoccupazione che l’Ue divenga un superstato. I due primi ministri si troverebbero in sintonia anche sul tema migranti. Poi si vedrà nel concreto come evolveranno i rapporti tra i due esecutivi e se davvero sosterranno insieme a lungo certe istanze.

Korcok ha riconosciuto il successo dell’avversario ma gli ha rimproverato una campagna non trasparente e fondata sull’”odio”; in quanto Pellegrini l’avrebbe descritto durante la corsa verso il voto come “candidato della guerra”, favorevole al coinvolgimento della Slovacchia nel conflitto in Ucraina. Un po’ come quando Orbán, nella campagna elettorale delle politiche di due anni fa, si presentò come uomo di pace e attribuì all’opposizione un carattere guerrafondaio assunto per compiacere l’Occidente.