Altro grosso guaio per Ursula von der Leyen. La auto-ricandidata presidente della Commissione Ue è protagonista di un nuovo scivolone dopo essere stata sfiorata nei giorni scorsi dal riemergere dello scandalo Pfizergate.

Il caso questa volta è legato alla nomina a fine gennaio di Markus Pieper, eurodeputato popolare ed esponente della Cdu tedesca, come inviato Ue per la Piccola e media impresa. La presidente è stata accusata di aver scelto senza alcuna trasparenza e in base non al merito ma dell’affiliazione politica, come emerso inizialmente da un’inchiesta della newsletter Il Mattinale europeo, firmata dai giornalisti David Carretta e Christian Spillman.

Von der Leyen è stata da subito oggetto di critiche all’interno dello stesso esecutivo europeo, fino ad arrivare a una lettera di contestazione della nomina firmata da quattro commissari.

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Ieri la palla è passata agli eurodeputati. Tra i voti dell’intensa due giorni di plenaria dell’Europarlamento a Bruxelles, il deputato tedesco dei Verdi Daniel Freund è riuscito ad inserire un emendamento per la revoca dell’incarico a Pieper. Nel testo, avversato dal gruppo Ppe ma approvato con 382 voti favorevoli, 144 contrari e 80 astensioni, si sottolinea la preoccupazione per il fatto che «il candidato prescelto è un deputato dello stesso partito tedesco» di von der Leyen, e si invita l’esecutivo Ue a porre rimedio.

Per tutta risposta, il portavoce della Commissione dichiara che nella nomina è stata seguita la «procedura appropriata», ma soprattutto ricorda al Parlamento che la Commissione «è autonoma per quanto riguarda la scelta del proprio staff».
Al di là delle ragioni e dei torti, il Piepergate è un nuovo tassello delle difficoltà che Von der Leyen sta incontrando nella corsa bis al Berlaymont, sempre più zoppicante e solitaria.