Se a Parigi, Berlino, Amsterdam i governi hanno scelto di usare il pugno duro sugli studenti che protestano contro il massacro dei palestinesi e la militarizzazione dell’Europa, la Spagna di Pedro Sánchez, ancora una volta, è andata in controtendenza. Martedì sera la ministra per la scienza, l’innovazione e l’università, Diana Morant si è detta, a nome del governo, «orgogliosa» della mobilitazione nelle università iberiche e «degli studenti che pensano in modo critico, lo esercitano e lo trasmettono alla società, gli atenei non sono solo spazi di formazione accademica, ma anche di formazione del pensiero».

Morant ha aggiunto anche che è giusto «riconoscere la protesta sociale attraverso gli studenti», la loro «posizione sulla Palestina è la stessa che sta difendendo il presidente del governo di Spagna dentro e fuori le nostre frontiere».

IL GOVERNO ITALIANO, invece, si era già distinto per le manganellate, gli arresti di manifestanti e le confuse ricostruzioni ufficiali degli scontri nei mesi scorsi. Se manterrà questa linea si saprà tra qualche giorno: il 13 maggio si riunirà il Comitato per l’ordine e la sicurezza con i rettori e le rettrici, come richiesto dalla ministra per l’università Anna Maria Bernini al ministro dell’interno Matteo Piantedosi.

La presidente della Crui Giovanna Iannantuoni si era già dimostrata contrariata dalle cariche alla Sapienza dello scorso aprile ma il governo di destra mantiene il punto su «possibili tensioni». «C’è la protesta e c’è anche una frangia molto piccola che va oltre certi limiti, fanno azioni distruttive e reati, sfondano porte, attaccano e forze dell’ordine», aveva detto Bernini qualche giorno fa a Napoli per poi ribadire ieri: «Il boicottaggio delle università è un grande inganno, perpetrato in malafede».

«Dobbiamo avere accordi anche con Paesi non democratici», ha detto alla platea plaudente della presentazione del Master in Mediterranean Cooperation and Security organizzato dall’Università Luiss Guido Carli e da Med-Or, la fondazione di Leonardo presieduta da Marco Minniti, presente all’evento.

MA NON TUTTI i rettori sembrano intenzionati a chiedere aiuto alle forze dell’ordine per sgomberare le tende che i collettivi universitari stanno montando negli atenei da nord a sud. «Con gli studenti abbiamo un dialogo aperto, noi continuiamo a fare l’università ma diamo anche un luogo dove questi ragazzi possano esprimersi – ha detto ieri il rettore dell’Università Federico II di Napoli Matteo Lorito – Hanno tutto il nostro rispetto, la nostra assoluta comprensione, al di là delle convenzioni poi personali che ognuno di noi ha».

Il ragionamento di Lorito è che «se in Medio Oriente le cose continuano così io credo che i ragazzi avranno la possibilità di manifestare il loro dissenso rispetto ad alcuni aspetti politici e a quello che sta accadendo, anche perché tutti noi siamo toccati profondamente, ognuno di noi la sera guarda il telegiornale sempre con apprensione».

Le tende sono arrivate ieri anche a Palermo e Cosenza. «Sono mesi che lavoriamo con l’università di Palermo per chiedere l’interruzione degli accordi di ricerca con le università e le aziende israeliane complici del genocidio con le aziende italiane che sostengono le politiche belliche – ha spiegato il collettivo Scirocco – Non ci possiamo tirare indietro dopo gli attacchi a Rafah».

A ROMA, invece, si è svolto un presidio molto partecipato dopo la vandalizzazione della targa in memoria del rettore Sufian Tayeh, ucciso dall’esercito israeliano, posta venerdì scorso dagli studenti davanti al dipartimento di Fisica della Sapienza. Organizzata anche una raccolta di firme contro il tirocinio «Mare Aperto» con la marina militare che prevede esercitazioni belliche nel Mediterraneo.

Nei prossimi giorni, annunciano le studentesse e gli studenti, le acampade arriveranno anche all’università di Bari, al Politecnico di Milano, alla Ca’ Foscari di Venezia. Mentre alla lunga lista di università europee in mobilitazione (Paesi Bassi, Germania, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Irlanda) si sono aggiunte ieri Austria e Svizzera.