Una mazzata sulla sanità. Già duramente provata dai tagli precedenti oggi essa è chiamata ancora una volta a recuperare al suo interno quello che gli serve per sopravvivere. Eppure il governo a più riprese aveva assicurato che il tempo dei tagli lineari era finito.

A quanto pare non solo non è finito ma con questo Def prende avvio la prima tappa forzata di un programma di definanziamento progressivo pensato per ora fino al 2020. L’incidenza della spesa sanitaria sul Pil è stata fissata a 6.6 %,cioè il più basso d’Europa.

Oggi si tratta di recuperare almeno 2,637 mld di minore finanziamento. Domani non si sa.

A parte l’odiosità etica di queste misure che colpiscono anche direttamente i bisogni primari del cittadino, l’aspetto più inquietante è costituito dal falso riformismo che le ispira spacciato come una virtuosa spending review.

Il falso riformismo si comprende isolando l’idea chiave che pervade tutte le misure previste nel Def e nella definizione del “valore limite soglia“. Essa indica i valori di compatibilità ai quali si ritiene di ammettere la spesa sanitaria al fine di ridurla considerandola come un fattore di nocività finanziaria. Per il Def produrre salute non è qualcosa che contribuisce ad accrescere la ricchezza del paese (sviluppo sostenibile), è semplicemente un fattore finanziario negativo dal quale bisogna proteggere il bilancio pubblico imponendo dei limiti. Fino a quando questo postulato non sarà ridiscusso avremo solo continui tagli lineari.

Nel Def il “valore limite soglia” è organizzato in diversi modi (sconti, tetti di spesa, pay back, inappropriatezza , prezzi di riferimento ecc) ma tutti con un comune scopo: contingentare la spesa nei vari settori sanitari con una soglia invalicabile per lo Stato oltre la quale le presunte ridondanze saranno scaricate in modo arbitrario.

Dico arbitrario per due ragioni:

  1. il Def non calcola i tagli con delle plausibili giustificazioni scientifiche, ma con la logica spannometrica della risulta: si deve demolire la sanità per avere risorse di risulta pari a 2637 mld, si stimano i risparmi delle singole demolizione di settore (beni e servizi, dispositivi medici, ospedali, esami diagnostici ecc) e per risulta si ricompone il taglio complessivo deciso dal Def ;
  2. il Def usa un bizzarro principio di imputabilità finanziaria, quello del capro espiatorio: se la soglia è oltrepassata la colpa non è riconducibile ai fattori che l’hanno determinata ma è addossata a chiunque per analogia ha a che fare con quello” splafonamento”.

Alcuni esempi concreti tratti dal Def:

  1. Per i “beni e servizi” si prevede di imporre alle aziende produttrici uno sconto medio del 4% dei prezzi unitari di fornitura stimando un risparmio di risulta complessivo di 652,5 milioni di euro
  2. Per i dispositivi i medici si prevede un tetto del 4.4% e un risparmio di risulta pari a i 845 milioni di euro. Le aziende produttrici dovranno concorrere, in proporzione all’incidenza del proprio fatturato sul totale della spesa, al ripiano dell’eventuale sfondamento del tetto programmato in misura del 30% dal 2016, del 40 dal 2017 e del 50% dal 2018
  3. Per le prestazioni specialistiche e riabilitative ritenute non necessarie ma prescritte ugualmente dai medici il Def prevede che siano poste a totale carico dell’assistito. L’ammontare del risparmio di risulta per queste misure è stato stimato in circa 106 mln di euro, di cui 69 mln di euro quale effetto derivante dalla riduzione dei consumi nel settore privato accreditato e di 37 mln di euro da crescita dell’efficienza del settore pubblico attraverso la conseguente riduzione dei costi variabili
  4. Per l’applicazione dei nuovi standard ospedalieri si stima un risparmio di risulta di 10 milioni di euro dall’azzeramento dei ricoveri in strutture convenzionate con meno di 40 posti letto
  5. Per la spesa del personale si prevedono risparmi nell’ordine di 68 mln di euro, quale effetto derivante dalla riduzione di 2.069 strutture complesse ospedaliere e di 8.718 strutture semplici
  6. Per la farmaceutica territoriale ed ospedaliera, probabilmente la più colpita dal Def, si prevedono una serie di misure (introduzione dei prezzi di riferimento per 400 milioni di risparmi su base annua, rimborsabilità condizionata, sconti per i medicinali fuori brevetto per un risparmio di risulta di 35 milioni di euro nel 2015 e 105 milioni di euro nel 2016 ecc) ma il grosso dell’operazione resta quella del pay back e dei livelli di spesa programmati. Con il Def i livelli di spesa programmati diminuiranno di circa 310 milioni di euro. In caso di sfondamento, l’eccesso, sarà a carico della filiera farmaceutica (per la spesa territoriale) e della filiera farmaceutica e delle regioni (per la spesa farmaceutica ospedaliera) ciascuna nella misura del 50%.

Tutte queste misure hanno in comune un arbitrario “valore limite soglia” e un arbitrario “capro espiatorio” al quale imputare l’eccesso di spesa. Se un medico ritiene appropriato prescrivere un esame per il suo malato che senso ha far pagare al malato la prestazione solo perché sulla carta è valutata come inappropriata? Se la prestazione è davvero inappropriata allora dovrebbe essere il medico a risponderne.

La stessa cosa per i farmaci e i dispositivi sanitari che senso ha che chi li produce paghi le conseguenze del loro uso e del loro impiego? O ancora che senso ha imporre sconti forzosi a dei valori economici come i prezzi sapendo che quei valori a un certo punto diventano incomprimibili. In Germania il 15% dei prodotti innovativi sono stati ritirati dal commercio perché gli sconti forzosi sono stati ritenuti insostenibili per le aziende.
In sintesi il Def altro non è se non l’espressione di una politica di razionamento progressivo volta a limitare nel tempo il consumo di beni sanitari di prima necessità, quelli che dovrebbero essere distribuiti ad ogni malato in quantità e qualità determinata secondo il suo bisogno. L’aspetto odioso delle misure che ho richiamato è proprio questo: si vanno a colpire in modo diretto o indiretto i beni sanitari di prima necessità quindi dei bisogni primari.

Dietro alle etichette del Def (beni e servizi, dispositivi medici, ricoveri ecc) vi sono cose terribilmente concrete che servono ai malati come farmaci, protesi, apparecchiatura ,trattamenti, ausili di ogni tipo. Il danno più grave resta tuttavia quello legato all’innovazione . Il Def alla fine sulla sanità taglia sull’innovazione per cui gli italiani complessivamente avranno rispetto agli altri cittadini europei meno possibilità di cura. Altra cosa sarebbe se Renzi entrasse davvero in una logica di riforma della sanità, nel senso di esaminare bene le dinamiche della spesa quali espressioni di un sistema sanitario che funziona male, che spreca, che abusa, mettendo a fuoco degli interventi riformatori veri senza per questo penalizzare l’unico vero innocente che è il malato. Ma per fare questo ci vuole un pensiero riformatore che non c’è.