«Mohsen Fakhrizadeh, ricordatevi di questo nome». Benyamin Netanyahu alla fine di aprile del 2018 fece il nome dello scienziato

iraniano, accusato da Israele di essere a capo di un programma di sviluppo di armi nucleari e rimasto ucciso ieri in un agguato nei pressi della capitale. Il premier israeliano, durante una conferenza stampa, proclamò di avere «una nuova prova» di un progetto segreto di bombe atomiche iraniane, grazie a decine di migliaia di file di cui il servizio segreto Mossad era venuto in possesso. Quindi mostrò una foto di Fakhrizadeh, capo dell’Organizzazione iraniana per l’innovazione e la ricerca in materia di difesa (Spnd), la prima diffusa pubblicamente. A questa rivelazione seguì pochi giorni dopo l’annuncio da parte di Donald Trump dell’uscita degli Usa dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano firmato nel 2015 dal suo predecessore Barack Obama. Ma la conferenza stampa di Netanyahu fu anche un modo per dire che Israele, già ritenuto responsabile dell’assassinio di diversi scienziati coinvolti nel programma atomico iraniano, aveva messo Fakhrizadeh nel suo mirino.

Per questo ieri Tehran, dopo aver ammesso l’assassinio dello scienziato, ha puntato il dito contro Tel Aviv. Ci sono «serie

indicazioni di un ruolo di Israele», ha scritto su Twitter il ministero degli esteri Mohammad Javad Zarif. «Dei terroristi hanno ucciso oggi un eminente scienziato iraniano – ha aggiunto – Questo atto di codardia – mostra il disperato spirito guerrafondaio dei responsabili. L’Iran invita la comunità internazionale e in particolare l’Ue a porre fine ai suoi vergognosi doppi standard e a condannare questo atto come terrorismo di stato». A Tehran non escludono un ruolo da protagonista anche per l’Amministrazione Trump. Non è passata inosservata la gioia con cui il presidente americano uscente – che lo scorso gennaio fece assassinare a Baghdad, Qassem Soleimani, il capo dei Guardiani della Rivoluzione iraniana – ha comunicato ai suoi 88 milioni di follower su Twitter il  «grave colpo psicologico e professionale» inferto ieri all’Iran.

 

Che la mossa possa essere stata coordinata da Usa e Israele è una possibilità concreta. Forse Netanyahu ne ha discusso con il segretario di stato Pompeo e l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman durante il vertice notturno tenuto qualche giorno fa a Neom sul Mar Rosso. E non è detto che siano terminate le sorprese per l’Iran prima dell’ingresso alla Casa Bianca di Joe Biden che, secondo gli analisti, con Tehran proverà a riallacciare un dialogo. Peraltro non può essere un caso che l’assassinio del numero 2 di al Qaeda, Abu Mohammad al Masri, avvenuto ad agosto in Iran (che però nega) e attribuito ad agenti israeliani, sia stato reso pubblico solo alcuni giorni fa, con notizie riservate fatte arrivare al New York Times. E proprio dopo la sconfitta di Donald Trump, alleato di ferro di Israele e nemico giurato dell’Iran. Ancora il quotidiano statunitense ha attribuito al Mossad l’agguato di ieri in Iran, citando tre autorevoli fonti dell’intelligence.

L’auto di Mohsen Fakhrizadeh

Se è vero il suo coinvolgimento, il Mossad ha confermato di avere agenti, informatori ben posizionati negli apparati politici e militari iraniani e una struttura logistica capillare. Senza dimenticare la collaborazione del servizio segreto israeliano con la Cia, rafforzata da Trump. L’agguato in cui è caduto Fakhrizadeh è stato fulmineo e letale, frutto di un lavoro di intelligence fondato su dati certi riguardanti i movimenti dello scienziato. Giunta ad Absard, nella provincia di Tehran, la macchina su cui viaggiava Fakhrizadeh è stata colpita da un piccolo ordigno. Quindi, approfittando della confusione causata dall’esplosione negli uomini della scorta, gli assalitori hanno esploso raffiche precise contro l’auto ferendo gravemente Fakhrizareh che è giunto morto all’ospedale.

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) chiedeva da tempo di incontrare Fakhrizadeh nel quadro di un’indagine sui progetti illeciti di armi nucleari attribuiti in passato all’Iran. Da parte sua Tehran, pur riconoscendo la posizione dello scienziato nei suoi apparati militari, non ha mai ammesso un suo ruolo di primo piano nel programma atomico. Ci sarà «una vendetta terribile per questo colpo amaro e pesante…non avremo pace finché non puniremo i colpevoli», avvertiva ieri il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Bagheri. La reazione di Tehran potrebbe fornire il pretesto di cui andrebbe alla ricerca la Casa Bianca per scatenare l’attacco militare contro l’Iran. Il colpo di coda di Trump.