Tamburi di guerra in Medio Oriente. Il leader supremo della Repubblica Islamica, Ali Khamenei, rinnova la promessa di «punizione» per l’attacco israeliano al consolato iraniano di Damasco che ha ucciso due generali tra diversi ufficiali del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche. Khamenei non lascia dubbi, rivolgendosi alla massa di fedeli a Teheran dopo la preghiera della fine di Ramadan, afferma che «secondo le norme internazionali», attaccare la missione diplomatica di un paese costituisce «un attacco al suolo di quel paese. Israele deve essere punito e lo sarà». Poco dopo, il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha avvertito in un post in lingua persiana: «Se l’Iran attacca dal suo territorio, Israele risponderà attaccando l’Iran».

SECONDO I MEDIA STATUNITENSI, Washington e i loro alleati ritengono imminenti attacchi missilistici o con droni da parte dell’Iran contro obiettivi militari e governativi in Israele. Joe Biden ha ribadito il suo sostegno «di ferro» a Israele, incoraggiando gli stati arabi a fare pressioni sull’Iran per ridurre le tensioni. Da ieri il generale Michael Kurilla, capo del comando centrale Usa, è in Israele per discutere con il ministro della Difesa Yoav Gallant ciò che gli ufficiali dell’intelligence hanno descritto come una «imminente» minaccia.

Le parole di Khamenei chiudono l’intenso dibattito in Iran sull’opportunità di una ritorsione contro Israele. Secondo gli osservatori iraniani, a questo punto, la mancanza di una reazione non solo indebolirebbe il prestigio della Repubblica Islamica come guida indiscussa dell’Asse della Resistenza formato da Hezbollah, Houthi e varie milizie in Iraq e Siria, ma ne minerebbe anche la credibilità tra i suoi stessi sostenitori più intransigenti.

La guerra psicologica è cominciata da giorni e i social media sono pieni di minacce e avvertimenti reciproci. Le provocazioni riempiono gli account ufficiali dei personaggi politici dei due paesi, mentre le due forze aeronautiche conducono esercitazioni, simulando scene di guerra. Mercoledì sera, un’agenzia di stampa iraniana ha riportato la chiusura dello spazio aereo sopra Teheran per esercitazioni militari, suscitando timori riguardo a un possibile preludio a un attacco missilistico. La notizia è stata poi smentita. Ma la compagnia aerea tedesca Lufthansa ha deciso comunque di sospendere i voli per Teheran.

I piani militari iraniani, dove, quando e come colpire, rimangono altamente segreti e i comandanti militari continuano a confermare l’attacco con affermazioni generiche. Alcuni osservatori iraniani suppongono che Teheran stia pianificando un attacco limitato e mirato sulle alture del Golan, occupate dalle forze israeliane nel 1967, scommettendo che ciò comporti minori rischi di ritorsioni israeliane e la possibilità di astenersi da parte di Washington, affermando che gli Stati Uniti non sono pronti a entrare in guerra con l’Iran.

NELLE ULTIME SETTIMANE, Iran e Usa hanno continuato a scambiarsi messaggi. Per Teheran, il fulcro della contesa riguarda il coinvolgimento di Washington nel conflitto in corso, ma nessuna delle due parti desidera confronti su scala regionale. Tuttavia, giovedì, funzionari Usa hanno dichiarato all’emittente Al Jazeera che Washington potrebbe intervenire per aiutare Israele a difendersi da un attacco iraniano. Questo aumenta la possibilità di scontro diretto non solo tra Iran e Israele, ma anche tra Iran e Usa.

Tra le aspettative di possibili ritorsioni, il ministro degli Esteri iraniano, Amir Abdollahian, si recherà a New York la prossima settimana per una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla Palestina, programmata il 18 aprile. Secondo un rapporto di Jadah- Iran, non confermato, Teheran potrebbe essere disposta ad abbassare i toni, a condizione che Washington imponga un cessate il fuoco a Gaza.