Renzi ha dichiarato guerra al lavoro autonomo e professionale. La legge di stabilità che approvata ieri dalla Camera in maniera definitiva non ha bloccato l’aumento (dal 27,72% al 29,72%, o forse addirittura al 30,72%) dell’aliquota della gestione separata dell’Inps a cui sono iscritti freelance e lavoratori parasubordinati come avevano fatto i governi Monti e Letta per rimediare ad una delle decisioni più folli della riforma Fornero.

Il governo ha varato anche una riforma del sistema di agevolazione fiscale per i contribuenti a partita Iva, i cosiddetti «minimi», che dal 1 gennaio prevede il passaggio dell’imposta sostitutiva dal 5% al 15% per le partite Iva under 35. Il vecchio regime dei minimi aveva una tassazione unica al 5% che comprendeva Irpef, addizionali e Irap. Il limite massimo di reddito era di 30mila euro, le agevolazioni fiscali valevano per cinque anni o fino al compimento del 35esimo anno di età. La riforma Renzi impone soglie differenziate di accesso in base all’attività svolta e non più il limite di 30 mila euro uguale per tutti. C’è anche una base imponibile forfetizzata in base a codici di attività e non più basata sulla differenza tra costi e ricavi. Questo cambiamento imporrà un aumento della tassazione epocale ai danni dei giovani professionisti. Secondo la Confederazione italiana Libere professioni del Lazio sarà del 500% circa. Su un reddito medio di 19 mila euro lordi, nel 2015 si sborseranno oltre 4 mila euro di Irpef-sostituto d’impresa contro i 900 del 2014. Sono 200 euro in meno al mese su un reddito da 1400 euro.

Bisognerà poi sottrarre i contributi per una pensione che difficilmente gli autonomi under 40 iscritti alla gestione separata, o a quelle delle singole casse professionali, riceveranno. Per l’associazione XX maggio questi «nuovi poveri a partita Iva» già oggi percepiscono un reddito lordo medio di 18.640 euro, un reddito netto da 8.670 euro annui, per 723 euro mensili. Dopo tasse e contributi, in tasca a questi lavoratori restano 515 euro. La guerra di Renzi ai freelance rischia di portare questo reddito molto vicino allo zero.

Cesare Damiano presidente Pd della commissione lavoro alla Camera ieri ha colto nel vivo la contraddizione del governo: «Dopo tante prediche sull’innovazione – ha detto – il governo è fermo all’idea molto antica che il mondo del lavoro sia solo quello dipendente». Per la Lapet, Associazione dei tributaristi, è «una mini-stangata che contrasta con lo slogan governativo dell’abbassamento della pressione fiscale».

Sempre nella legge di stabilità viene stanziata una cifra pari all’incirca a 900 milioni di euro a beneficio del lavoro autonomo tradizionale, quello degli artigiani e dei commercianti che presumibilmente hanno un reddito intorno o superiore ai 40 mila euro annui. Il governo si è mostrato sensibile a quelle fasce delle partite Iva protette da riconosciute rappresentanze di categorie ma condanna i freelance non tutelati alla disoccupazione o alla fuga dalla gestione separata verso altre casse previdenziali (al momento sono in 42 mila). A completare un quadro catastrofico, c’è la possibilità di una procedura d’infrazione Ue contro l’introduzione del credito d’imposta Irap per gli autonomi. Per il servizio bilancio della Camera potrebbe essere giudicato illegale perché privilegia una categoria di contribuenti ai danni di altre.

Viene da chiedersi se il presidente del Consiglio sia consapevole di queste conseguenze. Probabilmente no, ed è grave. Ma visto che in politica ogni atto ha una razionalità, bisogna prenderlo sul serio. Lo fa Andrea Dili, uno dei coordinatori dell’associazione Alta partecipazione che con Acta e Confassociazione ha lanciato un appello inascoltato: «Non siamo i bancomat dello Stato»: «Una concentrazione di provvedimenti così vessatori e peggiorativi delle condizioni di vita di tutti coloro che svolgono un’attività intellettuale non la ricordo – afferma – Sono d’accordo con Renzi sul fatto che si sia cambiato verso, il nostro governo ha deciso che in Italia chi studia, si specializza e si professionalizza non deve trovare alcun tipo di spazio, soprattutto se giovane, dall’età del presidente del Consiglio in giù».

«Faremo di tutto per agevolare la fuga dalla gestione separata e per trovare strategie il peso di queste decisioni. Per esempio aprire una Sas o, per chi può, il diritto d’autore, restando nella legalità. Non abbiamo alternative – sostiene Anna Soru, presidente di Acta – Il governo incorre in due contraddizioni. Capisco che voglia incentivare il lavoro dipendente a tempo indeterminato, ma non è pensabile che la disoccupazione possa essere riassorbita solo dal lavoro dipendente. La seconda è che non presta attenzione al mondo dei freelance, nonostante le sue dichiarazioni. Non dico che sia sbagliato intervenire su artigiani e commercianti, ma la riforma dei minimi per loro è favorevole, per noi no. Per un governo che dice di lottare contro le corporazioni questa è un’altra contraddizione. Laddove esistono si comporta in un modo. In un altro, dove non ci sono».