La crisi greca non solo ha mostrato il vero volto della troika, basti pensare ai documenti segreti pubblicati dal Guardian, alle intercettazioni di Merkel, o all’ostruzione dei paesi europei alla diffusione del documento del Fmi, che sostanzialmente dava ragione ai greci, ma ha permesso di comprendere come la narrazione dei fatti esteri dei media mainstream, sia giunto ad un suo punto di non ritorno.

La crisi greca non solo ha posto in discussione, evidentemente, l’Europa e l’eurozona, seppure in modo per ora imperscrutabile, ma ha messo in mostra una sorta di modus operandi dell’informazione italiana, che ha finito per agganciarsi completamente alla narrazione della troika, per salvare se stessa. Non ha tanto favorito le “istituzioni”, ne ha assunto in pieno le linee strategiche comunicative.

Il giornalismo italiano mainstream, in grande maggioranza, ha mostrato i muscoli e ogni tipo di mezzo per raccontare un paese – la Grecia – che a detta di tanti che sono in loco, non esiste. Dal “dramma del pensionato” con cui Repubblica ha tenuto la sua home page per tutta la giornata di venerdì,

 

pensionato

fino al confronto tra le due piazze di venerdì sera, come se fossero la stessa cosa. Come se da una parte non fossero di più, e per lo più giovani e dall’altra non fossero meno e non fossero per lo più i vituperati “pelandroni pensionati” greci. Un corto circuito – voluto – vero e proprio che ha portato la stessa Syriza a cercare di comunicare più sui social network, che sui media (come racconta Le Monde).

Non si può, oggi, fare un giornale come se non esistesse internet.

Lo dovrebbe sapere l’esperto Federico Fubini (vice direttore del Corriere della Sera), i cui racconti “in presa diretta” sono stati smentiti, punto per punto, luogo per luogo da Matteo Nucci su minimaetmoralia. Nucci è andato in ogni posto nel quale Fubini lamentava una situazione simile al disastro, dimostrando cosa stesse realmente accadendo in quei luoghi.

Senza parlare dei “nostri” giornalisti sui social network.

Tralasciando i neo adepti renziani come Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, che ha twittato

come se il -26% del Pil grazie ai trattamenti troika, fosse un’invenzione di Syriza, i social network si sono riempiti di novelli esperti economici, colmi di certezze.

Alcuni si sono distinti in modo particolare.

È il caso di Vittorio Zucconi di Repubblica, in prima linea contro Tsipras, ispirato nel citare il Guardian su articoli circa il calo di turismo, ma decisamente meno pronto a lanciare gli scoop sui documenti segreti della troika.

Gli esempi sono moltissimi ed evidenziano – non solo in Italia – come nel momento del bisogno e di un grande rischio, la grancassa mediatica mainstream abbia saputo subito piazzarsi dalla parte del più forte, facendo finta di niente riguardo le “notizie” (la lettera del Congresso, il documento del Fmi, le pressioni dei paesi europei, i documenti di Nuova Democrazia in Grecia per indirizzare la comunicazione dei media in Grecia, i fallimenti della troika) e ingaggiando la lotta contro la contraddizione di un partito che non accetta le regole imposte dai “potenti”.

La narrazione a senso unico, fino ad arrivare a mistificare la realtà, purtroppo, non è una novità (l’abbiamo vista all’opera anche in Ucraina, per fare un esempio, dove i neonazisti sono diventati “europeisti”).

Basta chiedere a un qualsiasi freelance, in giro per il mondo, quali siano spesso i suoi pensieri dopo la lettura di molti, tanti, pezzi di “corrispondenti” ben più noti e titolati. Non importa ciò che è vero, quanto ciò che è verosimile. Il mito del giornalismo indipendente viene dunque smascherato proprio da chi se ne fa paladino, attraverso una vera e propria narrazione di una realtà che si cerca di piegare alla propria “visione del mondo” dettata da interessi accomunabili, nel proprio “settore”, a quelli che non vuole perdere la troika in Europa.

Si accusa chi fa un giornalismo politico, evidenziando quindi le contraddizioni ma ponendosi apertamente da un lato della barricata, di essere di parte, fingendo di essere neutrali.

Come se la scelta delle fonti, di chi si intervista, della prospettiva con cui si sceglie di parlare di un argomento, fossero neutrali, asettici e non presupponessero, invece, una chiara scelta. 

E infine ci sono quelli imbarazzanti. Ieri l’Unità titolava “Grecia tasche vuote, arsenali pieni”, facendo finta di niente su chi in precedenza ha comprato le armi e sul fatto che quelle, insieme al ministro di destra del governo greco, dovrebbe rassicurare proprio gli amici di Renzi, ovvero la Nato.

Senza considerare poi il silenzio del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, su guerre umanitarie e recenti acquisti in tema di F35.