Le 116 persone soccorse nei giorni scorsi dalla Ocean Viking, della Ong Sos Mediterranée, sono arrivate nel porto siciliano di Augusta alle 12.30 di oggi. Hanno toccato terra nel tardo pomeriggio, dopo i tamponi: sei sono risultate positive al coronavirus, tutte andranno in quarantena. I minori in un centro di Trapani, gli adulti sulla nave Gnv Allegra. L’equipaggio è al momento in attesa di indicazioni dall’Ufficio di sanità marittima e di frontiera (Usmaf) di Augusta per capire se dovrà rimanere in isolamento sanitario a bordo.

La nave, che aveva ricevuto ieri sera alle 22.30 l’indicazione del porto di sbarco, si trova a pochi metri dalla Sea-Watch 3, sottoposta da domenica scorsa a un fermo amministrativo in seguito all’ennesimo Port state control della Guardia costiera.

Sulla Ocean Viking c’erano 35 uomini, 10 donne e 71 minori (di cui 51 non accompagnati), trovati in mezzo al mare in due diverse operazioni. La prima si è conclusa la mattina di giovedì 18 marzo: 10 persone, tutte di nazionalità libica. Un intervento inusuale, richiesto dalla motovedetta P-301 del Gacs libico (General administration for coastal security) che ha poi preso a bordo l’undicesimo uomo e trainato a terra la barca in vetroresina su ci viaggiavano i migranti.

«Vengo da Zuwara, una piccola città costiera, e la mia famiglia appartiene ad una minoranza berbera – ha raccontato all’equipaggio dell’Ocean Viking una delle persone soccorse, un uomo libico di 48 anni che viaggiava insieme alla sua famiglia – Siamo una piccola comunità isolata, siamo stati maltrattati, le nostre proprietà sono state derubate, le nostre terre bruciate… non abbiamo più nulla». L’uomo, un ex insegnante di scienze sociali padre di tre figli di 9, 10 e 13 anni, racconta che nel paese la situazione continua a peggiorare e non c’è nessuna garanzia di sicurezza.

«Adesso le armi sono ovunque e tutti le possiedono – dice – Non appena c’è un problema vengono tirate fuori. È lo stesso dappertutto. Non appena c’è un combattimento, vengono tirate fuori le armi. Se esci per strada, puoi essere colpito, puoi essere alla guida della tua auto e rimanere ferito. Può succedere ovunque e in qualsiasi momento».

Il secondo soccorso della Ocean Viking, invece, ha messo al sicuro 106 persone che viaggiavano su un gommone «sovraffollato e insicuro». La metà erano minori non accompagnati. L’imbarcazione aveva chiesto aiuto al centralino Alarm Phone ed è stata individuata dalla nave umanitaria la mattina di sabato 20 marzo. L’operazione si è conclusa poco dopo le 11.

Sempre oggi, qualche decina di chilometri a sud-ovest di Augusta, si è svolta l’udienza del riesame per il caso della nave Mare Jonio, di Mediterranea Saving Humans, in cui risultano indagati Beppe Caccia, Luca Casarini, Alessandro Metz, Pietro Marrone e altre quattro persone. Sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver trasbordato e poi sbarcato in Italia 27 migranti che si trovavano a largo delle coste maltesi sulla Maersk Etienne. Le autorità di La Valletta avevano negato l’autorizzazione a toccare terra per 38 giorni: lo stallo più lungo della storia per un evento Sar.

Secondo l’accusa l’operazione sarebbe stata realizzata per soldi, ma nella fase di indagini non sono state trovate prove che dimostrerebbero un accordo pregresso tra Maersk e Mediterranea. Anche per questo sono stati sequestrati computer e cellulari degli indagati. L’unica evidenza è al momento un bonifico versato dalla Maersk ma, sottolineano gli indagati, soltanto molti mesi dopo e come forma di sostegno all’organizzazione umanitaria.

I Pm hanno anche messo in dubbio la veridicità dei verbali medici che hanno portato al trasbordo sulla Mare Jonio. Su questo punto sono emerse in sede di udienza alcune novità. Tre migranti sono stati ascoltati dalla polizia durante le indagini e dalle loro voci sono usciti i dettagli raccapriccianti del trattamento a cui erano stati sottoposti fino a pochi giorni prima di prendere il mare, nell’inferno dei centri di detenzioni libici.

Anche su questa base gli avvocati della difesa, Gaetano Lanfranca e Serena Romano, hanno sottolineato la reale condizione di necessità delle persone soccorse. Dall’altro lato c’erano in aula il procuratore capo di Ragusa Fabio D’Anna e il sostituto Santo Fornasier che hanno confermato il piano accusatorio e chiesto di mantenere il sequestro dei beni. Il tribunale si pronuncerà tra cinque giorni.