Il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli, ha affermato che bisogna prepararsi anche all’imprevedibile, come l’eventualità di una “pandemia informatica” che riguardi Internet. Ha ragione da vendere.

La notizia, battuta dalle agenzie, arriva nello stesso giorno in cui il governo decide di stralciare dalla Finanziaria l’articolo sull’istituzione di una Fondazione per la cybersicurezza coordinata dal Presidente del consiglio. Idea già presente nel decreto Gentiloni del 2017 che all’epoca vide l’opposizione dei Cinquestelle perché “troppo orientata al privato” e che stavolta è naufragata per gli equilibrismi della maggioranza, con Italia Viva e Partito Democratico sulle barricate perché in disaccordo sulla gestione governativa della Fondazione, ma con la motivazione ufficiale della necessità di un ampio dibattito parlamentare prima di qualsiasi scelta.

Il progetto della Fondazione è però necessario al paese. Nell’articolato la Fondazione avrebbe dovuto operare per creare un sistema osmotico tra ricerca, pubblica e privata, istituzioni, imprese e governo, nella direzione dello sviluppo di competenze e tecnologie nazionali nel campo della sicurezza informatica. Un’urgenza che, lavorando e studiando al computer, ormai capiscono tutti. La baruffa, finita sui giornali, sarebbe motivata dal fatto che la Fondazione attribuirebbe nuove funzioni al Dipartimento Informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, a dispetto delle prerogative operative delle agenzie di intelligence come Aise e Aisi mentre la maggioranza non ha ancora trovato la quadra sulle nomine del comparto sicurezza.

Verrebbe da dire che è un’altra occasione persa, visto che solo sviluppando tecnologie nazionali l’Italia può aspirare alla sovranità tecnologica nel cyberspace. Farlo attraverso rapporti di partenariato pubblico-privato sulla scia di America e Israele è una buona idea. L’industria italiana necessita di diventare più competitiva in tutti i settori produttivi e perciò ha bisogno di investire in cybersecurity.

Patuelli a questo proposito ha detto che le banche sono impegnate, con “assai ingenti” investimenti “diretti ed indiretti”, per la sicurezza tecnologica. Probabilmente si riferisce alla notizia del mezzo miliardo di investimenti data a luglio.

Per il Crif, che si occupa di gestione del credito al consumo, l’Italia sarebbe infatti al 6° posto dopo Usa, Russia, Germania, Francia, Regno Unito, tra i Paesi maggiormente colpiti dal furto di dati personali. Molti con valenza finanziaria, cioè numeri di carte di credito complete di codici di sicurezza ‘cvv’ e data di scadenza, nel 91,4% dei casi, mentre nell’11,3% delle volte corredate di nome e cognome del titolare.

Sempre secondo l’Osservatorio Cyber del Crif, inoltre, i primi sei mesi del 2020 hanno fatto registrare un aumento del +26,6% degli utenti che hanno ricevuto un avviso di un attacco informatico ai danni dei loro dati personali rispetto a quanto avvenuto l’anno precedente.

La fascia di età maggiormente colpita è quella tra 31 a 40 anni, pari al 35,7%, più di quella da 51 a 60 anni (30,2%). Si tratta di email individuali o aziendali, password, username, numeri telefonici, che i delinquenti possono usare per compiere truffe, via web e telefono.

Il 73% circa degli account sottratti nel primo semestre 2020 verrebbe da siti di intrattenimento, giochi online e streaming video, e poi quelli dei portali dedicati ai servizi finanziari, sia di homebanking che relativi alle piattaforme di scambio di cryptovalute e altri servizi di pagamento, pari al 18,7% del totale.