15 persone sono morte ad appena 8 miglia dalle coste libiche di Zuwara. Alarm Phone aveva lanciato l’allarme lunedì mattina, ma la sedicente «guardia costiera libica» è arrivata molto dopo. Non è chiaro se la barca in legno si sia ribaltata o se i migranti che viaggiavano sotto coperta siano soffocati per le esalazioni. La motovedetta è rientrata a Tripoli con 15 corpi chiusi nei sacchi di plastica e 177 sopravvissuti di due diverse imbarcazioni. La seconda era partita da Al Khoms. «Abbiamo più volte segnalato la barca in difficoltà. Però le autorità libiche ci hanno messo 10 ore per raggiungerla vicino alla costa», ha twittato Ap.

A Tripoli intanto la protesta dei rifugiati davanti al Community Day Centre (Cdc) dell’Unhcr è arrivata ieri all’undicesimo giorno. Nei video diffusi sul web donne, bambini e uomini mostrano le ferite sul corpo, cucinano e distribuiscono cibo, lanciano appelli all’evacuazione. La Libia è diventato un inferno ancora più pericoloso dopo che l’1 ottobre scorso militari e poliziotti hanno rastrellato il sobborgo di Gergaresh arrestando migliaia di migranti (4/5 mila secondo i numeri ufficiali). Durante una fuga dal centro di Al Mabani almeno sei sono stati sparati. Il ministro dell’Interno Khaled Mazen ha negato le accuse, parlando di un comportamento umano e professionale delle forze di sicurezza, mentre Unhcr e Oim hanno condannato l’utilizzo eccessivo della forza e gli omicidi.

Non riescono però a rispondere alle richieste dei rifugiati. Né in termini di assistenza al Cdc, né di evacuazione. Unhcr ieri si è dichiarata pronta a riprendere i voli umanitari, dopo aperture delle autorità libiche che li hanno bloccati. Nel pomeriggio ha anche incontrato una delegazione dei rifugiati accampati fuori (alcune fonti dicono siano 3mila). Era presente, a sorpresa, anche Mazen che avrebbe proposto il trasferimento delle persone in centri dove cercare soluzioni sotto la supervisione delle Nazioni unite. «Ma noi vogliamo essere evacuati tutti insieme», affermano i rifugiati.

Dall’altro lato del mare, a poche migliaia da Lampedusa, la nave ResQ ha a bordo 58 migranti tratti in salvo domenica. Tra loro 6 donne e 17 minori, vengono da Siria, Etiopia, Eritrea, Egitto, Nigeria, Somalia, Sudan. Attendono un porto di sbarco.