Partiamo da una constatazione così ovvia da essere banale: c’è uno iato sempre più profondo tra le esigenze quotidiane delle persone (cura, lavoro, salute, povertà, casa, tempo libero) e la politica che a mala pena amministra il presente, ma che è muta nei riguardi di visioni di medio lungo periodo.

Punto secondo: nelle grandi città (e non solo) sono attivi gruppi, associazioni, sigle politiche disperse in una grande frammentazione, che perseguono bisogni più direttamente legati alle persone e alle questioni dei territori. Gelose molto spesso delle posizioni conquistate con dure lotte, mantengono al più queste posizioni (il che non è facile in questo momento) e, dunque, difficilmente riunificabili in un unico soggetto politico alternativo allo status quo e destinate, politicamente, all’irrilevanza. Le due cose farebbero pensare che, nell’attuale momento storico, è maturo un progetto di costruzione di una nuova soggettività (vedi, fra gli altri che l’hanno preceduto, Franco Astengo, il manifesto, 6 aprile).

Perché questo tentativo non prende piede nonostante la grande richiesta che viene implicitamente dalle tante persone del Paese? E’ vero che anni di dominio assoluto di neoliberismo (almeno a partire dagli anni Ottanta) hanno colonizzato gli immaginari e portato le persone ad uno stato di individualismo edonistico e di apatia politica (“sono tutti uguali”). Perfino il grande messaggio di Papa Francesco, diretto e radicale, che in altri tempi avrebbe prodotto una vasta influenza politica, oggi appare di poca e limitata presa sui cittadini.

Così, alla vigilia di elezioni politiche o amministrative, come in questi mesi, assistiamo impotenti alla levata del solito grido di dolore che invita alla costruzione, necessariamente frettolosa, di una nuova soggettività, sia che essa nasca nei dintorni del Pd, sia che si proponga di fondare qualcosa alla sua sinistra. Proclami e tentativi che ogni volta, puntualmente, falliscono perché strumentali, riducendo le possibilità future di proporne dei nuovi.

Per essere più concreti prendiamo il caso di Roma e delle sue prossime elezioni per formare la nuova giunta ed eleggere il nuovo sindaco. Ebbene c’è a Roma una produzione intellettuale e politica di analisi, proposte ed esperienze (si pensi solo al cinema Palazzo) come mai nel passato (i soli libri su Roma si misurano a decine e tutti di ottima qualità). C’è ancora a Roma un fermento di attività politica messo in campo da associazioni, volontariato, organizzazioni che appaiono addirittura “esuberanti” e ci sono pratiche sparse in tutta la città per riconquistare spazi di libertà e discussione (si pensi al Museo dell’Altro e dell’Altrove) di occupazione di suoli agricoli precedentemente incolti per formare cooperative, orti urbani, luoghi creativi di produzione alimentare.

Queste attività sono diffuse in città quasi a livello molecolare e agiscono in totale autonomia rispetto alla scelte dell’amministrazione. Per dirla con una battuta, a Roma ci sono più gruppi e associazioni che persone.  Se non si agisce presto, ci ritroveremo, nostro malgrado, o individualmente ad appoggiare, in condizioni di totale subalternità, le scelte che comunque verranno fatte dal Pd-5Stelle e liste civetta affini, o a concorrere con movimenti divisi con l’esito certo di una sconfitta. Per non parlare dei molti gruppi e associazione meritevoli che ormai da anni disertano il voto e lo dichiarano pubblicamente.

È possibile fare altro? Possibile che non esista qualche forza politica organizzata, sia pur piccola, come Sinistra Italiana, in grado di mettere insieme, se non tutti, almeno gran parte di questi frammenti sparsi e tentare una esperienza simile a quella di “Coraggiosa” in Emilia, condotta da Elly Schlein e altri compagni, coronata peraltro da successo?

Sappiamo bene che l’alleanza con il Pd è come lo scoglio di Cariddi, divide e disperde i naviganti. Ma bisognerebbe essere intanto umilmente consapevoli della irrilevanza di una sinistra così ridotta in frantumi, sapendo che si gioca una campagna elettorale per dare un’amministrazione decente a Roma (che la meriterebbe), mentre il soggetto politico autonomo si realizza con ben altro impegno e soprattutto non a ridosso delle campagne elettorali. Senza dire che il successo di una lista di sinistra all’interno del centro sinistra potrebbe porre le base di un progetto più ampio per tutto il Paese, che non partirebbe da zero.