«Per non rimanere travolti sotto le rovine del progetto occidentale di dominazione del mondo attraverso il progresso, lo sviluppo e la crescita, sarebbe prudente preparare delle vie di fuga». Ed è proprio quanto intende fare Paolo Cacciari con il suo ultimo libro non caso intitolato proprio Vie di fuga (Marotta&Cafiero, pp. 219, euro 10). Innanzi tutto, però, occorre analizzare e rendere il più chiara possibile la situazione attuale, le condizioni che la hanno determinatata e le prospettive catastrofiche che si prospettano se non si riesce a cambiare il più presto possibile e radicalmente la direzione.

Il testo, così, si apre con due capitoli dedicati appunto alla disamina approfondita della forma assunta nella contemporaneità dal capitalismo e dall’ideologia neoliberista egemone nel mondo e alla crisi che, a partire dal 2008, si è abbattuta sul sistema economico globalizzato, colpendo in particolare, nell’ambito dei paesi più sviluppati, l’Europa. In maniera chiara e comprensibile si analizzano le diseguaglianze che ormai sono diventate strutturali all’interno dell’Occidente, il peso e l’importanza che l’ideologia del debito ha assunto non soltanto a livello economico ma come strumento di controllo sociale e politico, l’insostenibilità ambientale dell’attuale modello di sviluppo, la crisi della democrazia legata all’imporsi del modello neoliberista. Si indagano le ragioni dell’attuale crisi che, in pratica, viene letta come crisi non congiunturale ma strutturale.

Questo non vuol dire, come mette lucidamente in chiaro Paolo Cacciari, né che l’agonia del sistema debba durare poco. Ma anche no, né che si aprano automaticamente prospettive migliori in termini di uguaglianza e libertà. E infatti, in maniera molto significativa, l’ultima parte dedicata al discorso per così dire analitico è intitolata Altri tunnel in fondo al tunnel.

Dopo aver messo in luce una serie di esperienze, diverse tra loro, a volte limitate, ma comunque volte a contrastare praticamente il sistema dominante e a costruire forme di vita e di socialità alternative, Cacciari passa ad esaminare quelli che sono i punti focali del suo discorso, gli elementi a partire dai quali costruire vie di fuga. Si susseguono, così, i capitoli dedicati rispettivamente a Beni comuni, Lavoro, Democrazia, Decrescita.

L’approccio è sempre analogo. Si tratta innanzi tutto di indagare a fondo il concetto cercando di far emergere quello che effettivamente i beni comuni piuttosto che il lavoro o la democrazia significhino oggi, mettendo in evidenza anche le diverse concezioni che le attraversano e puntando ad arrivare a quello che potremmo definire un campo semantico e di attività pratica – e politica –possibile e condivisa.
Il discorso, infatti, si snoda esaminando le posizioni più diverse – seppur, naturalmente, all’interno di una parte politica ben definita, quella dei movimenti o, comunque, della sinistra – ma prefigurando, comunque, possibilità di azione comune. Un discorso a parte merita l’ultimo capitolo, quello dedicato alla decrescita. La teoria di Latouche, infatti, non soltanto per la posizione che riveste all’interno del testo sembra stagliarsi come l’elemento che può, secondo l’autore, contribuire in maniera decisiva a tenere insieme tutti gli altri elementi, una sorta di ombrello in grado di tessere relazioni solide tra i vari elementi individuati. Infatti, proprio nell’ultima pagina emerge in modo esplicito come la decrescita possa funzionare da elemento unificatore rispetto agli altri: «La decrescita è il passaggio da un modello di uso predatorio e dissipativo delle risorse naturali e umane a uno più equlibrato e socialmente equo. La decrescita associata alla gestione condivisa dei beni comuni è portatrice di un progetto di autonomia, di autogoverno e di autentica democrazia. Decrescita e beni comuni (….) come processo concretamente attivabile a livello individuale utilizzando al meglio la potentissima creatività umana: il lavoro concreto, vivo, completo, motore interno della trasformazione».

Libro davvero interessante, scritto in maniera chiara, utilissimo soprattutto per come riesce ad attraversare praticamente tutte le teorie nate negli ultimi anni, e non solo, dalle lotte dei vari movimenti a livello mondiale, Vie di fuga sembra rivestire particolare importanza proprio nella situazione attuale perché pare prefigurare a livello testuale quel processo di ricomposizione pur all’interno delle varie diversità, attuato da esperienze come Syriza in Grecia, e che sarebbe auspicabile si mettesse finalmente in moto anche in Italia e nel resto d’Europa.