Le prime parole sono l’ammissione di una sconfitta: «Gli Stati Ue non accetteranno mai i ricollocamenti obbligatori» avverte il greco Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Ue. Un’affermazione che smorza subito e definitivamente le aspettative di quanti ancora speravano che il nuovo Patto su migrazioni e asilo avrebbe messo fine al Regolamento di Dublino. In realtà le nuove regole presentate ieri da Ursula von der Leyen con Schinas e la commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johannson non sono niente di più di quello che la stessa presidente della Commissione aveva anticipato la scorsa settimana: un compromesso, per non dire un cedimento, che va incontro alle richieste di quei Paesi – blocco di Visegrad in testa – che da cinque anni si rifiutano di accogliere richiedenti asilo. Al punto da costringere i vertici della Commissione a un salto mortale parlando di «solidarietà obbligatoria» o «flessibile» per non dire che invece, come previsto, ogni Stato membro sarà lasciato libero di comportarsi come vuole: accogliere i richiedenti asilo oppure impegnarsi economicamente per rimandarli a casa loro.

Insomma, un’Europa à la carte con un più all’orizzonte un pericoloso restringimento del diritto di asilo, con screening veloci delle domande di protezione internazionale effettuati «in cinque giorni» alle frontiere esterne dell’Ue. «Questo deve essere un messaggio chiaro: siamo pronti ad accogliere chi ha diritto, ma coloro che non lo hanno devono tornare indietro», chiarisce a scanso di equivoci Johannson.

Anche se la cancelliera Merkel vorrebbe portare a casa la riforma entro la fine dell’anno, quando avrà termine il semestre di presidenza tedesca, quello illustrato ieri rappresenta per ora solo una «base di partenza» come l’ha definito von der Leyen, più che sufficiente però a chiarire con quale spirito l’Europa si prepara a gestire il fenomeno migratorio nei prossimi anni. Con una premessa: nel piano non si parla di migranti economici – la stragrande maggioranza di quanti arrivano in Italia – se non per dire che vanno rimpatriati. Anche per questo resta il principio del Paese di primo approdo che i Paesi del Mediterraneo avrebbero voluto abolire.

BLOCCATI ALLA FRONTIERA L’idea è che chi non ha diritto all’asilo non deve neanche entrare in Europa. Per questo sono previsti screening delle domande di asilo da effettuare al momento dell’arrivo, anche per chi sbarca dalla nave di una ong: «Durerà al massimo cinque giorni e comprenderà controlli di sicurezza, anche sanitari» ha spiegato Johannson. Tutte le persone verranno identificate, saranno rilevate le impronte digitali e i dati inseriti nella banca dati Eurodac. Trascorsi i cinque giorni dello screening, sono previste 12 settimane per esaminare la domanda di asilo, compreso l’eventuale ricorso. In caso di esito negativo ci sono altre 12 settimane di tempo. Le richieste di asilo «con basse probabilità di venire accettate – è scritto nel piano – devono essere esaminate rapidamente, senza che sia necessario l’ingresso nel territorio dello Stato membro».

RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI Se chi richiede asilo ha già un parente in Europa, verrà preso in carico dallo Stato in cui risiede il familiare, stessa cosa se in precedenza ha lavorato o studiato in uno Stato diverso da quello nel quale è entrato. Una novità, positiva, riguarda l’allargamento dei parenti che possono essere considerati parte della famiglia, esteso ora anche a fratelli, sorelle e alle famiglie che si sono formate durante il viaggio.

RICOLLOCAMENTI E RIMPATRI Come si è visto non ci sarà nessun obbligo ad accogliere i richiedenti asilo. Gli Stati che non vorranno farlo potranno scegliere di finanziare i rimpatri di coloro che si sono visti respingere la domanda di asilo («rimpatri sponsorizzati») utilizzando anche gli accordi bilaterali stipulati in precedenza con i Paesi di origine. Esiste anche una terza possibilità, che prevede di «solidarizzare» con il Paese di ingresso fornendo attrezzature e personale.

I PAESI TERZI Sono previste partnership con i paesi di origine dei migranti che si impegneranno a contrastare «il traffico di migranti» e per i quali sono previste quote di ingressi legali in Europa.

FRONTEX L’agenzia per il controllo delle frontiere verrà rafforzata anche con mezzi aerei e navali e a partire dal 2021 interverrà a sostegno degli Stati di confine.

La parola adesso passa la parlamento europeo e al Consiglio dove, anche se ieri il premier italiano Conte ha definito il patto un «passo importante», è sicuro che i Paesi del Sud Europa daranno battaglia. «Dovremo batterci in parlamento perché i ricollocamenti siano obbligatori», ha detto invece l’europarlamentare Pd Pierfrancesco Majorino. Per Oxfam, infine, il piano Ue è un «passo falso nella direzione sbagliata».