Una breve e perentoria dichiarazione, rilasciata all’Ansa: «Certo che va in onda, perché non dovrebbe?». E’ direttamente Bruno Vespa a chiudere il caso, e più di un’ora dopo il comunicato ufficiale di viale Mazzini non farà altro che confermare: l’intervista a Salvo Riina, figlio di Totò, andrà in onda intorno a mezzanotte, su Raiuno. Ma a chiudersi, in realtà, è solo un capitolo del nuovo affaire Porta a Porta rispetto al quale impallidisce anche la vicenda Casamonica. Guelfo Guelfi, che è più di un consigliere Rai renziano, essendo stato di Matteo Renzi anche spin doctor, arriva a dire pubblicamente, sull’Huffpost: «Credo che il contratto di Vespa sarà rivisto».

A sollevare la questione era stato l’altro ieri Michele Anzaldi, il segretario della commissione parlamentare di vigilanza noto per le sue invettive contro i «gufi» annidati nel servizio pubblico, i non allineati al verbo renziano. Un altolà, quello di Anzaldi, al quale questa volta fa però seguito un coro di indignazione generale o quasi (non si associano Ncd e forzisti): l’intervista di Vespa al figlio del boss, autore del libro Riina-Family life in uscita e condannato anche lui per mafia (ha scontato una condanna a 8 anni e 10 mesi, non deve essere trasmessa dal servizio pubblico. La presidente della commissione parlamentare Antimafia, Rosi Bindi, arriva a sostenere: «Se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che Porta a porta si presta a essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò di convocare in Commissione la presidente e il direttore generale della Rai».

Una dichiarazione, quella di Bindi, che fa seguito a una netta presa di posizione di Maria Falcone («apprendo costernata della decisione di far partecipare a Porta a porta il figlio di Totò Riina, carnefice di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, e centinaia di altri servitori dello Stato», aveva dichiarato martedì a tarda sera) e che precede molte altre levate di scudi, da quella del presidente della commissione di vigilanza Roberto Fico, 5 Stelle, a quella del presidente del senato Piero Grasso: «Stasera non guarderò Porta a Porta». Protesta Salvatore Borsellino, protestano la Fondazione Caponnetto e don Luigi Ciotti. E Pier Luigi Bersani, che ieri sera avrebbe dovuto partecipare alla prima parte del programma (l’intervista a Riina jr, registrata, è andata in onda nella seconda parte, seguita da dibattito), annuncia il suo forfait. Magari ci sarà un’altra occasione.

Ma già nel primo pomeriggio, quando capisce che il caso sta montando, il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, convoca d’urgenza un incontro con il nuovo direttore di Raiuno Andrea Fabiano. Il tentativo, insieme alla presidente Monica Maggioni, è quello di convincere Vespa a ripensarci e a ritirare l’intervista, che pure era stata visionata la sera prima dal direttore per l’offerta informativa carlo Verdelli, che aveva dato l’ok. Niente da fare. Il conduttore non ci pensa per niente a tornare sui suoi passi e quindi viale Mazzini sforna una nota con la quale cerca di spiegare che è «compito della cronaca registrare un punto di vista sconcertante ma che si è ritenuto di portare a conoscenza dell’opinione pubblica perché sintomatico di una mentalità da ’famiglia mafiosa’». Il comunicato dei vertici Rai sottolinea che la polemica è nata su una puntata «che nessuno italiano ha ancora visto» e spiega che in studio è previsto un dibattito con il figlio di Rosario Schifani, agente di scorta di Giovanni Falcone morto nell’attentato di Capaci, il giornalista del Corriere della sera Felice Cavallaro, l’avvocato Luigi Li Gotti e Dario Riccobono, presidente dell’associazione Addiopizzo. Nessun cambio di programma, ma da Vespa il dg ottiene una puntata supplementare, questa sera, «dedicata alla lotta contro la criminalità e a chi alle battaglie contro le mafie ha dedicato l’esistenza anche a costo della vita», ospiti il ministro Angelino Alfano e l’onnipresente Raffaele Cantone, testimonial anticorruzione del governo. Un modo forse anche per provare a addolcire il nervosismo del premier (già alle perse con altri grattacapi) di fronte alla bufera esplosa nella sua «nuova» Rai, nel salotto vintage di Vespa. Invece c’è chi ritiene la toppa peggiore del buco.

Dal canto suo, il conduttore nel lancio della puntata sostiene che «per combattere la mafia bisogna conoscerla. E per conoscerla meglio c’è bisogno a nostro avviso anche di interviste come questa». Ma il caso, appunto, non è chiuso. A cose fatte l’avvocato Li Gotti si pente di aver preso parte alla trasmissione: «Non sapevo di dover fare da cornice a un libro che considero offensivo per tutti gli italiani».

Nel frattempo la commissione di vigilanza decide di convocare il direttore di Raiuno Fabiano, e il presidente Fico propone un giro di vite sugli ospiti nei talk show.