Dopo 69 giorni di blocco la nave spagnola della Ong Open Arms ha potuto finalmente mollare gli ormeggi e tornare a navigare. In queste ore sta facendo rotta verso le coste iberiche. Era detenuta nel porto di Pozzallo dal 17 aprile scorso quando, in seguito a un Port state control durato 16 ore e realizzato da una squadra di ispettori della Guardia costiera specializzati in Ong, aveva ricevuto un provvedimento di fermo amministrativo. 

L’ottavo in 12 mesi per un’imbarcazione umanitaria (il nono è arrivato alcune settimane dopo per la Sea-Eye 4). Nel caso di Open Arms si sono registrati due elementi singolari. Il primo: la tempistica, dato che la punizione è arrivata proprio mentre l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini veniva rinviato a giudizio per rifiuto d’atti d’ufficio e sequestro di persona per aver bloccato, nell’agosto 2019, la stessa nave con 147 persone a bordo. Il secondo: il fatto che Open Arms fosse stata indicata come particolarmente virtuosa dalla stessa Guardia costiera italiana solo alcuni mesi prima.

«Gli ispettori hanno accertato che l’unità è stata recentemente certificata da parte della propria Amministrazione di bandiera (Spagna) ed è attualmente in possesso di certificati relativi alla sicurezza della navigazione e di prevenzione dell’inquinamento, che gli consentono di effettuare attività di “ricerca e soccorso” e accogliere a bordo un totale di 320 persone, incluso l’equipaggio», si legge in un comunicato del 3 ottobre 2020 in cui la Guardia costiera esprime «soddisfazione» nei confronti delle autorità spagnole per l’introduzione delle certificazioni richieste da Roma.

Sette mesi e mezzo più tardi, però, gli stessi documenti e le identiche caratteristiche della nave umanitaria non sono andati bene. Così nel controllo «dettagliato» dell’aprile scorso gli ispettori hanno contestato 16 carenze di cui ben 7 «base per la detenzione». La maggior parte relative alla «sicurezza della navigazione» e una alla «prevenzione dell’inquinamento». 

Inizialmente il fermo non è stato preso bene da Madrid. Tra le autorità dei due paesi membri ci sono stati scambi via mail e poi un confronto. Alla fine la Guardia costiera ha detto all’Ansa che «lo sblocco della situazione è stato possibile anche grazie al dialogo costante tra il Comando generale e lo Stato di bandiera spagnolo». La Ong, però, ha fornito una versione diversa: «le presunte carenze sono state tutte smontate immediatamente e per iscritto dall’amministrazione spagnola». Anche le autorità tedesche hanno contestato la particolare interpretazione della convenzione Solas in base a cui, equiparando i naufraghi a passeggeri, la Guardia costiera italiana blocca le navi. Ma nei casi di quelle che battono la bandiera della Germania (Sea-Watch 3 e 4, Sea-Eye 4, Alan Kurdi) i provvedimenti non sono stati revocati. 

Critiche al lungo periodo di fermo sono venute dal fondatore di Open Arms Oscar Camps, secondo il quale l’Italia «interpreta a suo modo e nel proprio interesse le ispezioni del Port state control che sono pensate per le navi commerciali e non per le imbarcazioni con scopi umanitari». Nei giorni scorsi Camps aveva attaccato duramente il governo affermando: «Senza clamore mediatico il tandem Draghi/Lamorgese si sta comportando in modo peggiore di quello Conte/Salvini».

Al momento nella zona Sar del Mediterraneo centrale non ci sono navi Ong. Le cinque tedesche sono bloccate in porto da fermi amministrativi, la Iuventa è sotto sequestro ormai dal 2017, la Geo Barents di Medici Senza Frontiere è in quarantena. In cantiere si trovano la Mare Jonio di Mediterranea e la Aita Mari di Salvamento Maritimo Humanitario. Nei prossimi giorni, invece, dovrebbe partire da Marsiglia la Ocean Viking di Sos Mediterranée. 

Giovedì della settimana scorsa, intanto, il Tribunale di Ragusa ha annullato la confisca della motonave Eleonore e l’ingiunzione di pagamento di 300.00 euro inflitta al capitano Claus-Peter Reisch per l’ingresso nelle acque territoriali italiane con 100 naufraghi a bordo, che erano salvati 30 miglia a nord dalle coste libiche. Era il 3 settembre 2019 e l’imbarcazione aveva disobbedito a un divieto disposto in virtù del decreto Salvini. La vittoria è stata firmata dagli avvocati Dario Belluccio e Loredana Leo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). «La sentenza è particolarmente innovativa e importante: costituisce il primo caso di annullamento da parte del giudice civile di una sanzione irrogata sulla base del decreto cosiddetto sicurezza-bis voluto dall’allora ministro dell’Interno; afferma chiaramente che il livello di afflittività della sanzione è tale da rendere la stessa un vero e proprio strumento di repressione penale», ha commentato Asgi in una nota.