Quanto è grande il corteo di Milano se dopo due ore dalla partenza prevista nessuno riesce a muovere un passo, né avanti né indietro, gli appuntamenti saltano, i telefoni non prendono e tutti restano bloccati dove non avevano previsto, dentro spezzoni di altri, e così si conosco e si mischiano, poi quando finalmente si parte in piazza Duomo è già tutto finito ma va benissimo così?

E quanto sono lontani la politica del commento romano e il circo dell’informazione se in una giornata così vogliono cogliere solo qualche contestazione e se viene raccontata come una mezza battaglia – spintonate che hanno coinvolto per qualche minuto qualche decina di persone, in maggioranza poliziotti – mentre decine, centinaia di migliaia di nulla si è accorto?

Grandissimo e allegro, il 25 aprile di Milano non può essere guardato negli occhi da chi ha deciso da tempo, e già lo annunciava ieri anticipando «tensioni», che l’antifascismo è moneta scaduta e «cessate il fuoco» lo sfogo di una minoranza estremista, eventualmente violenta. Meglio nascondersi dietro un racconto preconfezionato e falso. Meglio tapparsi occhi e orecchie mentre migliaia di persone sventolano la bandiera di un popolo oppresso e bombardato dando un senso alla parola solidarietà. Più facile dipingere antisemiti che riconoscere pacifisti.

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E invece la giornata di ieri dimostra, innanzitutto a chi ci ha creduto e a chi c’è venuto, che la mancanza di ascolto non basta da sola a ottenere il silenzio. Se chi ha ragioni da gridare resiste a farlo. Le ragioni per andare contro un governo che un pezzo alla volta smonta gli ultimi presidi costituzionali nelle leggi e nelle istituzioni, completando l’opera di maggioranze anche diverse ma aggiungendoci autoritarismo e incompetenza, erano fortissime quando un mese fa il manifesto ha lanciato il suo appello per un 25 aprile speciale.

L’urgenza del cessate il fuoco a Gaza e in Ucraina era ovviamente ben presente, mentre l’Europa cominciava a entrare decisa nel tunnel del riarmo. Tutto quello che è successo dal nostro «si potrebbe» a ieri è servito ad aggiungere motivi per esserci. Per alzare la voce, farsi vedere e sentire anche da chi sentire e vedere non vuole. Per gonfiare il corteo.

Se un merito abbiamo, è solo quello di aver capito il momento ed esserci messi in sintonia con la nostra gente. Non è un piccolo merito per un giornale, ma il difficile per tutti noi comincia adesso.