La Russia ha celebrato i settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazi-fascismo, sfoggiando i propri muscoli militari, come ampiamente prevedibile e come richiede questo genere di «parate». I media internazionali, meno ideologici dei nostrani nell’affrontare questa ricorrenza, hanno ricordato un fatto: la «Grande Vittoria Patriottica» costituisce un elemento naturale di unione per il popolo russo.

Oltre 26 milioni di vittime russe, il numero più alto dell’intero conflitto e il 70 per cento delle famiglie russe (dato ricordato dal Guardian) con almeno una vittima di guerra. Parata propagandistica, dunque, ma che va a inserirsi su un tessuto sociale che riconosce, anche se non ci fosse stato Putin, quel momento di 70 anni fa come un evento fondante della nazione russa.

Migliaia di persone hanno dunque marciato, mentre aerei e tank ricordavano la forza militare attuale. Sugli spalti accanto a Putin, il presidente cinese Xi Jinping; un chiaro sintomo delle alleanze attuali, non senza complessità. La presenza di Xi Jinping, infatti, ha finito per sottolineare l’assenza di altri. In pratica, le potenze occidentali hanno snobbato l’appuntamento, con la consueta ipocrisia del caso. Merkel ad esempio, non era presente ieri a Mosca, ma lo sarà oggi, perché poi quando si parla di affari, Putin va bene.

Quest’ultimo ieri ha anche riattivato il progetto di pipeline sul Mar Nero, con la Gazprom che ha ripescato la Saipem (con la presenza dell’italiana Eni) nel nuovo progetto denominato Turkish Stream, che di fatto rimpiazza il South Stream, bocciato da Putin lo scorso dicembre a causa del conflitto ucraino e le successive resistenze bulgare a consentirne il passaggio sul proprio territorio. Una commessa da 2,4 miliardi che dovrebbe soddisfare Eni e anche l’Europa che avrebbe così assicurate le consegne del gas.

Putin ha ringraziato «i popoli occidentali», denunciando invece il governo degli Usa, responsabile del tentativo «di creare un mondo unipolare». Ma Mosca ha mosso bene i suoi fili, perché la presenza del presidente cinese non era solo simbolica. Russia e Cina – a margine della parata – hanno firmato un accordo per garantire altri 25 miliardi di dollari di finanziamenti, per i prossimi tre anni, alle compagnie russe messe in difficoltà dalle sanzioni occidentali.

«Oggi la Cina è il nostro partner strategico e cruciale», ha dichiarato ieri Putin (che parteciperà alla «giornata della vittoria» cinese contro i giapponesi il prossimo 3 settembre). Come ha spiegato alle agenzie Kirill Dmitriev, il Ceo del Fondo di investimenti diretti russo è stato anche definito un fondo congiunto da 2 miliardi di dollari per progetti agricoli. Un altro accordo consente l’apertura di una linea di credito per Sberbank, da destinare a progetti commerciali, per 966 milioni di dollari con la Banca per lo sviluppo cinese.

Inoltre, il ceo di Gazprom Aleksei Miller e il vice presidente della China National Petroleum Corporation Wang Donjing, hanno firmato un accordo per lo sviluppo del gasdotto occidentale per la fornitura di 30 miliardi di metri cubi di gas per 30 anni (lo storico accordo realizzato lo scorso anno tra i due paesi).

Si tratta di un progetto per il trasporto del gas russo in Cina oltre a quello già esistente, «Potenza della Siberia», la cui costruzione è già iniziata e che porterà in Cina 39 miliardi di metri cubi l’anno per 30 anni (per 400 miliardi di dollari).

Un’apertura di credito, reale, non solo politica, da parte di Pechino che riflette l’attuale atteggiamento della politica cinese. Putin ai cinesi piace e secondo alcuni osservatori, la sua esaltazione farebbe anche parte di uno scopo preciso: trasformare Xi Jinping nel «Putin cinese», capace quindi di allungare la durata del suo regno oltre i dieci canonici. Negli ambienti del partito, invece, la vicinanza politica a Mosca viene vista con un certo sospetto.

Le mire euroasiatiche di Putin, secondo alcuni funzionari del Pcc, rischiano di entrare in conflitto, nel futuro, con le mire regionali della Cina. Per ora, però, si tratta di discussioni sulle riviste di Partito. Xi Jinping, infatti, sembra determinato a puntellare l’alleanza.