Il filologo Luciano Canfora andrà a processo, il prossimo 7 ottobre, per aver criticato la presidente del Consiglio. Giorgia Meloni lo aveva querelato, chiedendo 20mila euro di danni per averla definita nel 2022, quando era ancora leader del suo partito, «neonazista nell’animo» in un incontro con gli studenti.

In difesa del professore barese erano stati lanciati nei giorni scorsi diversi appelli, tra cui uno dell’Anpi, firmato da oltre 50 associazioni e 1.300 cittadini e uno del quotidiano francese Libèration. Secondo il legale della premier, Luca Libra, la domanda risarcitoria sarebbe stata «motivata dal pregiudizio psicofisico sofferto e, soprattutto, dalla lesione alla reputazione, all’onore e all’immagine» di Meloni.

La giudice Antonietta Guerra ha ritenuto necessaria un’integrazione probatoria e ha rinviato a giudizio il professore emerito dell’università di Bari. «Chiameremo la premier a deporre in aula», ha annunciato l’avvocato di Canfora, Michele Laforgia che ne aveva chiesto invece il proscioglimento «perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato, o perché comunque non punibile per esercizio del diritto di critica politica».

«Uno storico esprime il suo giudizio: può non essere condivisibile, può non essere piacevole, può non essere opportuno, bisogna vedere se illecito penalmente ma è un esercizio del diritto di critica politica. Canfora stava facendo un intervento sulla guerra in Ucraina, ha citato le posizioni dei diversi politici, anche quelle di Meloni. Resto convinto – ha aggiunto Laforgia – che un processo per un giudizio politico per diffamazione sia molto inopportuno quando dall’altra parte ci sia un potere dello Stato».

Non si scoraggia l’Anpi che in una nota chiarisce: «Il rinvio a giudizio consentirà di approfondire le ragioni della difesa, la stessa giudice ha incoraggiato la parte civile a rimettere la querela di qui all’avvio del procedimento». Senza però nascondere la preoccupazione «per la via giudiziaria che vari ministri hanno imboccato chiamando in giudizio personalità ree di aver espresso critiche, gettando la forza e il peso del governo in processi asimmetrici contro singoli cittadini si punta a intimidire voci libere».

In mattinata il Coordinamento Antifascista, della Casa del Popolo e di altre realtà associative baresi si erano riuniti in presidio davanti al tribunale penale per una «testimonianza democratica».