Quattro maggio 1954, nella miniera di lignite di Ribolla, nel grossetano, gestita dalla società Montecatini, si verifica un’esplosione di grisou a 260 metri di profondità: 43 minatori muoiono. Il processo contro i dirigenti della società termina con l’assoluzione per tutti. Ieri ha partecipato alla commemorazione il segretario nazionale della Cgil Landini. Settanta anni fa quelle morti si sarebbero potute evitare. Nel 1925 c’era già stato uno scoppio di grisou, nel 1935 un’inondazione dopo l’esplosione di una mina, nel 1945 altri morti per il gas.

1953, un’esplosione sigilla due gallerie ferendo gli operai, a quasi un anno di distanza le gallerie vengono riaperte ma il 3 maggio si verifica un incendio che il giorno dopo non è ancora stato domato. La direzione decide di mettere lo stesso i lavoratori in servizio. Alle 8.40 il primo turno, con 47 operai, è appena sceso nel pozzo «Camorra sud»: l’esplosione è violentissima, solo in 4 sopravvivranno. L’onda d’urto distrugge tutto, le fiamme fanno salire la temperatura delle gallerie oltre i cento gradi, una nube di polvere invade anche gli altri reparti. La Cgil, all’epoca, in un’indagine indipendente mise sotto accusa la Montecatini per la scarsa sicurezza.

Ieri il presidente Mattarella ha inviato un messaggio: «Morire sul lavoro, per il lavoro fu il destino di quei minatori, vittime della logica di sfruttamento. Quel dolore è un monito per dare concreta attuazione ai principi che caratterizzano la nostra Costituzione». Landini: «C’è ancora molto da fare. Nel 2023 ci sono stati 1.043 morti sul lavoro e questo continua tutti i giorni, anche lo scorso primo maggio. Nel 2023 ci sono stati 580mila infortuni sul lavoro, molti gravi. E stanno aumentando le malattie professionali. Dal 1954 il tema della sicurezza non è cambiato».