Se la convocazione della commissione patrimonio di Roma Capitale serviva ad aprire la partecipazione della cittadinanza all’atteso regolamento per le concessioni dei beni immobili indisponibili non si può negare sia stata un successo. Ieri, davanti al presidente della commissione Francesco Ardu (M5S) e ai consiglieri pentastellati e del centrosinistra, si sono sedute alcune decine di esponenti del ricco mondo dell’autogestione e dell’associazionismo romano. La «partecipazione», però, può essere intesa in modi diversi.

Così da subito tra rappresentanti e rappresentati si è creato un confronto serrato, a tratti duro, su aspetti sostanziali dello strumento normativo che deciderà il futuro di oltre 200 tra gruppi solidali, scuole di musica, centri sociali, palestre popolari. Realtà che hanno ottenuto in assegnazione parti del patrimonio capitolino «indisponibile», cioè vincolato a una funzione pubblica, ma che dal 2015 sono bersagliate da richieste di morosità e ordini di sgombero.

Le radici della faccenda affondano in un’offensiva condotta dal procuratore Guido Patti intorno al presunto danno erariale derivante dalla mancata messa a valore di quella parte di patrimonio. Un’offensiva che ha tentato di porre sullo stesso piano chi specula su concessioni private di favore e chi utilizza edifici del comune per offrire attività di valore socio-culturale. Questa linea è stata in parte smentita da successive sentenze, ma nel frattempo ha dato forma alla delibera 140/2015 votata dalla giunta Marino. Per superare quella misura occorre il regolamento che associazioni e spazi sociali chiedono da prima dell’insediamento di Raggi.

Aprendo la sessione di ieri il presidente Ardu ha affermato che la proposta firmata da 7 consiglieri grillini era stata depositata e avrebbe fatto da base per il percorso partecipativo. Questa modalità è stata aspramente contestata dai presenti, che avrebbero voluto contribuire alla scrittura della bozza di regolamento a monte e non a valle. La questione non è di lana caprina, ma riguarda la possibilità di condividere l’impianto della misura e non solo modificarne i dettagli. Oltre alle obiezioni di metodo, è stato denunciato il rischio che il testo, così com’è, indebolisca ulteriormente lo statuto del patrimonio indisponibile, incentivandone la valorizzazione commerciale.

«Quel tipo di patrimonio andrebbe incentrato tutto sull’attività sociale lasciando le fattispecie di uso commerciale solo come eccezioni», dice Stefano Simonini, ricercatore del collettivo Reter. La commissione si aggiornerà nelle prossime settimane. Si vedrà così se la partecipazione auspicata dalla maggioranza 5 Stelle avrà solo una funzione di facciata o permetterà veramente a cittadini e associazioni di contribuire alla scrittura di una pagina decisiva per la città.