Il Def per la sanità conferma due cose: un taglio lineare di 2,352 miliardi tanto per il 2015 che per il 2016 e il definanziamento progressivo del sistema sanitario pubblico ( 6,8 per cento rispetto al Pil del 2015, al 6,6 per cento del 2020 al 7,6 per cento circa nell’ultimo decennio del periodo di previsione 2050-2060). Secondo il Def in 40 anni la spesa sanitaria dovrebbe crescere rispetto al Pil di un solo punto percentuale!

E’ da questo dato politico che bisogna partire: per questo governo la sanità pubblica va ridimensionata anche se essa costa poco e in Europa costa meno di tutte le altre . Non ha alcuna importanza lo stato in cui essa si trova già ora, con le Regioni che non sanno dove sbattere la testa per non essere costrette ai piani di rientro. Il Def dice che bisogna tagliare e se si arriva all’osso…che si seghi l’osso.

In questo quadro, preoccupano le azioni programmatiche annunciate dal governo come quella di «ripensare il Servizio sanitario in un’ottica di sostenibilità (….), con l’obiettivo di garantire prestazioni rivolte a chi ne ha effettivamente bisogno» (indigenti?), di «ridisegnare il perimetro dei Lea» (meno tutele garantite dallo Stato?) ed altre cose. Per non parlare della conferma del blocco dei contratti, del turn over e dell’inasprimento del sistema dei tickets.

Comincio a credere che la linea vera di Renzi punta ben oltre la solfa della spending review di Gutgeld, (centrali per gli acquisti) o quella fesseria demagogica di ridurre il numero di aziende sanitarie per risparmiare in poltrone. L’ambizione che si intravede è molto più insidiosa: ed è quella di ridimensionare il sistema sanitario per ridimensionarne la spesa cioè l’ambizione è contro riformatrice.

In questo quadro, il premier ci prende in giro con la frustra storia della siringa e quindi con i costi standard. Se davvero si vogliono comprare delle siringhe allo stesso prezzo in tutta Italia basta decidere un prezzo di riferimento. Ma se è così che c’entrano i costi standard? La mia impressione è che la siringa sia la scusa per controriformare l’attuale sistema di finanziamento della sanità basato ancora su criteri di ponderazione del bisogno. Essi sono un modo per dare risorse indipendentemente dai bisogni delle persone, seguendo solo criteri di compatibilità contabile.

Usati nella contabilità industriale essi sono uno strumento di controllo dell’efficienza aziendale ma in sanità sono strumenti molto pericolosi. Per fare una standardizzazione credibile sarebbe necessario conoscere tutti i costi di tutte le operazioni che si svolgono nel sistema sanitario, cioè conoscere tutte le transazioni che in esso avvengono, tutte le prassi messe in atto. Ma noi a mala pena conosciamo i costi dell’ospedale, tutto il resto è buio fitto. E poi in sanità è praticamente impossibile standardizzare tutte le componenti della tutela (domiciliare, territoriale, ospedaliera) ma solo perché la sanità per i suoi livelli di complessità non può standardizzare il suo prodotto, ammesso e non concesso che la salute sia un prodotto.

La salute in tutte le sue tante accezioni dipende da una moltitudine di variabili, troppe per essere standardizzate in un costo. A meno di voler fare un costo standard bugiardo. Questo non vuol dire che la sanità sia finanziariamente ineffabile ma solo che per stabilirne i costi bisogna trovare modi diversi da quelli della standardizzazione industriale e soprattutto bisogna non separare i costi dai benefici. In sanità i costi standard non possono essere costi effettivamente calcolati in sede consuntiva cioè frutto di costi analitici esatti, essi al massimo potranno essere semplicemente approssimativi tetti di spesa che recepiscono non il costo atteso nel futuro per produrre salute, ma la minore spesa attesa in termini di sostenibilità indipendentemente dalla salute prodotta. Quindi se ci vengono proposti allora il vero obiettivo è usarli per pianificare al ribasso dei costi reali.

Chi pensa, come alcune Regioni, che i costi standard siano un modo per avere più soldi, o per avere certezze di finanziamento, si sbaglia di grosso. Ma questioni finanziarie a parte i problemi più seri dei costi standard per chi ha delle malattie da curare sono morali e scientifici cioè collegati tutti alla complessità dei malati perché non tengono conto della percentuale di scarti, legata alla variabilità naturale del processo di cura e questo in sanità è un limite gravissimo.

Nei confronti della complessità di un malato i costi standard pongono il problema degli scostamenti fra le risorse effettive destinate alla cura delle malattie e i valori effettivi della cura. Nelle strategie industriali la variance analysis, assume un ruolo fondamentale di controllo delle performance ed indirizzo delle politiche correttive per il raggiungimento degli obiettivi produttivi. Cosa faranno le aziende quando gli scostamenti saranno giustificati dalle necessità delle cure? Siccome la maggior parte delle aziende con i costi standard avranno il problema degli scostamenti, cosa si pensa di fare?

Da quello che si capisce il costo standard che ci propone Renzi somiglia molto al vecchio adagio che si usava prima del servizio sanitario nazionale….«questo è quello che passa la mutua»…..e quello che passa ….ahimè è sempre meno di quello che servirebbe.