Agnese Landini, consorte del presidente del Consiglio Matteo Renzi, oggi sarà tra le poche insegnanti (precarie) a presentarsi al lavoro in una scuola italiana. La stragrande maggioranza dei suoi colleghi aderirà allo sciopero generale proclamato in tutto il paese da Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals, Gilda e Cobas contro la riforma che l’esecutivo targato Pd – con minoranza di destra alfaniana – definisce, in maniera eufemistica,«Buona Scuola». Dopo sette anni, i sindacati maggiori della scuola si sono decisi a contrastare la riforma organizzando cortei in sette città (Aosta, Catania, Cagliari, Milano, Palermo, Roma) e centinaia di flash mob con lo slogan «Nessun resti a casa» in altrettante città a partire dalle 12 di stamattina. La piattaforma prevede: il rifiuto della figura del «preside manager» e dei suoi poteri incostituzionali di «chiamata diretta» dei 100.701 docenti assunti a settembre 2015; la stabilizzazione di tutti i precari con almeno 36 mesi di servizio, come imposto dalla Corte di Giustizia Ue al più grande sfruttatore di precariato al mondo: lo stato italiano; il rinnovo del personale della scuola e il rispetto delle graduatorie dei precari.

I Cobas precisano che oggi saranno in piazza per chiedere il «ritiro totale» del Ddl, a differenza dei «cinque sindacati monopolisti» che «si sono già pronunciati a favore di un compromesso a perdere con Renzi». Manifesteranno oggi a Roma al Ministero in viale Trastevere (ore 10) e poi fino alle a Piazza Montecitorio. Gli altri sindacati saranno a piazza del Popolo. In piazza ci saranno anche Sel e il Movimento 5 Stelle contro il «Ddl truffa».

Il governo ha atteso questa giornata cercando di boicottare lo sciopero posticipando a domani le prove Invalsi alle materne, producendo l’occupazione dell’istituto di Frascati e una diffida da parte della Flc-Cgil. Poi ha rispolverato il suo consueto disprezzo verso il dissenso, irridendo i docenti che oggi saranno in piazza. «Non mi spaventano tre fischi» ha detto alla festa dell’Unità a Bologna dov’è stato contestato e ha insistito per ricevere una delegazione della protesta. «La riforma va avanti – ha detto – non è prendere o lasciare. Ma se salta, addio 100mila assunzioni». Un ricatto che non è piaciuto ai docenti che oggi, nei cortei e nei flashmob, sfoggeranno un fischietto di ordinanza. Vogliono sommergere Renzi con «milioni di fischi da tutte le piazze d’Italia». Sono i fischi di «tutte le persone che combattono per la democrazia dentro e fuori la scuola».La strategia di delegittimazione dello sciopero è continuata ieri in pieno stile berlusconiano. In testa al manipolo renziano si è schierato il sottosegretario Pd Davide Faraone secondo il quale oggi «in piazza ci sarà una minoranza del paese, la più chiassosa, ma sempre di minoranza si tratta. I sindacati conservatori costruiscono le paure e le cavalcano. Noi abbiamo dal primo giorno puntato sulla fiducia e sulla speranza». Espressioni tipiche dell’ex Cavaliere, rispolverate in un momento dove il consenso, e la fiducia, per il governo sono arrivate al minimo storico. Il presunto «partito della Nazione» freme perché oggi sarà contestato da quella che, a torto o a ragione, ha considerato la propria base elettorale. Una base usata come cavia sin dall’approvazione della legge Berlinguer del 2000, o da quella sulle scuole paritarie: i suoi voti sono stati usati per fare politiche contro gli interessi della scuola pubblica. Un capolavoro di cinismo politico.

La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini (Pd) ancora non si capacita di uno sciopero così ampio contro il suo operato. Le ragioni «la lasciano perplessa» ha detto. E «il governo è coeso su una riforma innovativa». Una riforma già bocciata nella consultazione online dove il 60% dei docenti ha respinto al 60% l’abolizione degli scatti di anzianità a favore di quelli di merito. Ma Giannini-Renzi fanno finta di nulla. Per la segretaria Cgil Camusso tale «riforma» privilegia i più ricchi e divide i precari. Il governo non è in condizione di assumere i precari a settembre. Per Giannini, anche Camusso «non ha letto il Ddl». A questo punto, considerata l’ampiezza del fronte contro Renzi, è lecito chiedersi se il governo, e il Pd, abbiano letto la riforma che intendono approvare.