Quando, alla fine degli anni Novanta, dalle colonne di Le Monde i centri sociali vennero celebrati come «il fiore all’occhiello della cultura italiana» nessuno avrebbe detto che questa storia, che pure si dipanava sul filo della legalità e forzando le regole, si sarebbe ridotta a pigioni da pagare e canoni mensili. Men che meno a Roma, dove sempre in quegli anni decine di spazi sociali avevano strappato la delibera 26 sull’uso degli spazi inutilizzati. E invece capita che gli attivisti e le attiviste di Esc, spazio sociale nel quartiere di San Lorenzo, debbano scoprire che aver restituito vita ad un immobile abbandonato e poi assegnato, comporta aver contratto un debito di quasi 300 mila euro con l’amministrazione comunale. Un tribunale civile ha accollato loro il pagamento del canone di affitto retroattivo, per di più fissato ai canoni di mercato, per circa dieci anni.

LA VICENDA è emblematica e da molti anni la politica cittadina non riesce a prenderla di petto: una spada di Damocle pende su centinaia di spazi sociali e associazioni romane. Si trascina da anni, da quando la Corte dei conti decise che le assegnazioni di stabili comunali a uso sociale che erano state strappate dopo anni di lotta a metà degli anni Novanta, dalla delibera 26, costituivano un danno erariale. Una delibera del 2015, sindaco Ignazio Marino, recepiva questa impostazione. Da allora sono passati gli anni dell’amministrazione di Virginia Raggi, che non ha avuto la volontà politica di risolvere la questione, nonostante diverse altre sentenze avessero sostenuto che gli immobili del patrimonio indisponibile di Roma Capitale devono essere destinati a uso sociale e culturale e non possono finire in pasto al mercato.

È PRATICAMENTE impossibile riassumere in poche righe tutta l’attività messe in piedi da Esc in questi anni: si va dalla conferenza internazionale C17 sul centenario della rivoluzione sovietica (cui parteciparono decine di filosofi, storici e intellettuali da tutto il mondo) all’annuale fiera dell’editoria indipendente Livre, dagli sportelli per migranti alla tutela legale e sindacale delle Camere del lavoro autonomo e precarie: la dimostrazione che si possa produrre cultura raffinata e popolare al tempo stesso, che l’elaborazione politica possa andare di pari passo con la costruzione di reti sociali e l’azione dal basso. Negli ultimi diciotto mesi, difficili per tutti gli spazi sociali a causa del Covid, Esc si è organizzato per raccogliere beni di prima necessità e distribuirli casa per casa. Tutto ciò ha una valenza doppiamente generale, ancora una volta significativa se rapportata allo situazione in cui versa Roma, perché avviene in un quartiere che soffre anni di speculazioni e l’incedere della rendita. Dopo gli anni in cui è stato trasformato in divertimentificio mordi e fuggi, e in cui la speculazione selvaggia a saccheggiato lo spirito underground e le innovazioni culturali che ne avevano marcato l’identità. San Lorenzo appare oggi troppo spesso come un quartiere sull’orlo dell’abisso, preso dal vortice solo in apparenza contraddittorio tra degrado e gentrification. Spazi come Esc sono l’antidoto al nulla che rischia di avanzare. «Eppure – raccontano ancora increduli a Esc – nel procedimento contro di noi il giudice civile non ha ammesso nessuno dei tanti testimoni che avevamo chiamato a raccontare l’incredibile ricchezza di iniziative sociali, solidali, politiche, culturali, musicali della nostra esperienza».

AL NUOVO SINDACO Roberto Gualtieri spetta di risolvere la questione. La Regione Lazio ha approvato una legge sull’amministrazione convidisa dei beni comuni, che ha effetto anche sul territorio capitolino (è anche grazie a questo strumento che, al Tufello, il laboratorio Puzzle da spazio occupato è stato dichiarato bene comune dal municipio III con una delibera apposita) ma il cui regolamento non vale però per gli spazi di Roma Capitale perché la maggioranza grillina non ha mai approvato la delibera.

SANDRO LUPARELLI, eletto nella lista di Sinistra civica ecologista si impegna: «Porteremo in consiglio comunale questa storia – dice Luparelli – Bisogna mettere mano a una vicenda pregressa che rischia di far scomparire realtà che hanno dato moltissimo a questa città. Una consiliatura che si vuole di sinistra non può fa passare una cosa del genere». La pensa così anche Claudia Pratelli, neo-eletta con Roma Futura: «La città non si può permettere di perdere questa esperienza preziosa – afferma Pratelli – Esc è un laboratorio di mutualismo e sperimentazione culturale di cui sono stata direttamente testimone. Bisogna mettere mano alle norme sul patrimonio per metterlo a disposizione delle attività che generano valore sociale e che si svolgono nell’interesse collettivo. Roma ha bisogno di un regolamento sui beni comuni, strumento di cui dispongono molte città. È un’altra delle promesse tradite dai 5 Stelle».