In Bangladesh, uno dei nuovi “paesi sicuri” individuati dall’Italia per i rimpatri dei migranti, la premier Sheikh Hasina ha preso l’abitudine – rivelandosi anche in questo affine a Giorgia Meloni – di attaccare personalmente e mettere all’indice personaggi noti che si sono esposti denunciando i suoi metodi o le sue politiche, come è accaduto ad esempio al Nobel per la pace Mohammad Yunus, l’economista inventore del micro-credito.

Per il resto a doversi preoccupare sono soprattutto i ceti più poveri, i difensori dei diritti umani (numerose le detenzioni arbitrarie, i casi di tortura, sparizione e morte in carcere documentati da Amnesty International), oppositori politici, organizzazioni della società civile e i giornalisti, con livelli di persecuzione sempre più alti garantiti dalle regole draconiane della legge nota come Digital Security Act (Dsa).

Particolare preoccupazione destano la repressione violenta delle manifestazioni di piazza, l’assenza di tutele dei lavoratori (esemplare la lotta e la sua relativa repressione nel trainante settore tessile) e delle vittime del climate change, la condizione dei rifugiati Rohingya nei campi profughi e il loro respingimento nella regione di Rakhine, in Myanmar, dove sono braccati dalla giunta militare birmana.