«Se questa class action avesse successo e dovessimo assumere tutte le persone che erano nel ramo Aviation della vecchia Alitalia in meno di sei mesi portiamo in libri in tribunale. Se qualcuno vuole cercare il modo per far fallire Ita questo è il sistema migliore». Per quasi due ore il presidente Alfredo Altavilla era sembrato il gemello diverso di colui che aveva litigato contro tutti la scorsa settimana e mantenuto un aplomb invidiabile nel corso dell’audizione in commissione Trasporti alla camera. Lo ha perso solo rispondendo alle molte domande dei commissari sulle notizie anticipate dal manifesto: le due class action su discriminazione delle donne – in special modo quelle che usufruiscono della legge 104 per assistere figli o parenti – e quella sul mancato rispetto dell’articolo 2112 del codice civile che in caso di cessione di ramo d’azienda prevede la prosecuzione del rapporto di lavoro e chiede la riassunzione di tutti i circa 3 mila lavoratori ex Alitalia del ramo Aviation.
L’incipit dell’articolo testimonia come Altavilla si consideri al di sopra della legge e subordini il rispetto delle norme al profitto dell’azienda. Sulla class action che riguarda la discriminazione delle donne con figli e parenti disabili – per la quale il Tribunale civile di Roma, sezione specializzata in materia di impresa, ha già fissato la prima udienza per il 24 marzo – invece è stato palese il suo imbarazzo e l’incapacità di rispondere. Anzi, ha dovuto ammettere di aver richiesto «all’atto della selezione del personale l’estratto retributivo da cui si ricavano elementi sensibili come i congedi parentali o l’assistenza di familiari con handicap» – come chiesto dai deputati Pd Casu e Gargilio – balbettando che «non possiamo decidere l’accesso alla legge 104 se non ci viene fornita la nuova documentazione dall’Inps», senza fornire dati sull’attuale numero di lavoratrici che ne usufruiscono.
Per il resto l’audizione ha comunque regalato altre perle. Partendo dalla pace sancita con l’ex ministro Lupi che si è “vendicato” di Altavilla – usando la notizia dei 90 milioni spesi per il marchio Alitalia «secondo nostro marchio» che sarà utilizzato come low cost, «quei soldi sono stati usati per pagare gli stipendi dei lavoratori dell’handling garantendo la continuità aziendale diversamente impossibile per la gestione commissariale» in quanto «il ramo Aviation è stato pagato un solo euro» – con la battuta «Altavilla ha dunque fatto la Croce Rossa di Alitalia». Quanto alla propria remunerazione Altavilla si è definito «senza contratto» e ha ribadito la richiesta di «una remunerazione mediana sui criteri di mercato»: si sussurra di almeno 1 milione di euro.
Smentiti invece i dissidi (evidenti) con l’ad Lazzerini: «Speculazioni che non commentiamo perché argomenti di corporate governance che devono essere trattati nelle sedi opportune, nel cda e dell’assemblea degli azionisti», cioé dal ministero dell’Economia. Quanto all’alleanza con un partner – leggasi svendita a Lufthansa o più difficilmente AirFrance o British – Altavilla ha ipotizzato «giugno».
In conclusione siamo però costretti a dare altre brutte notizie ad Altavilla. Ieri sono stati depositati i primi ricorsi di oltre un centinaio di lavoratori i quali, esattamente come la class action, rivendicano la piena applicazione dell’articolo 2112 ma trattandosi di cessione di ramo d’azienda ritengono che il passaggio dei dipendenti possa essere parziale ma ciò deve avvenire nel pieno rispetto delle normative. Il ricorso lamenta l’arbitrio nelle assunzioni: essendo infatti Ita una azienda a totale controllo pubblico la selezione del personale doveva avvenire con criteri di scelta trasparenti, pubblici ed imparziali ai sensi dell’articolo 97 della costituzione e dei principi comunitari.