Come è già accaduto con Apple e Google, anche Amazon ha deciso di concludere un accordo con il fisco italiano su un’evasione contestata: il colosso guidato da Jeff Bezos verserà nelle casse del nostro erario 100 milioni di euro, relativi agli anni 2011-2015. Non è ancora la web tax di cui si parla da tempo, ma è importante che si sia stabilito il principio che le operazioni condotte in Italia debbano essere tassate nel nostro stesso Paese.

L’accertamento con adesione con l’Agenzia delle Entrate è stato firmato per risolvere le potenziali controversie relative alle indagini fiscali, condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla procura delle Repubblica di Milano, in relazione ai pagamenti dovuti dalla multinazionale tra il 2011 e il 2015. Si è avviato inoltre un percorso di accordi preventivi per la tassazione in Italia.

GLI IMPORTI SONO riferibili sia ad Amazon EU S.ar.l che ad Amazon Italia Services srl, due ragioni giuridiche che dunque hanno reso in questo modo completamente esplicita la loro stabile organizzazione in Italia. L’Agenzia delle Entrate, annunciando gli accordi preventivi per la futura tassazione delle attività di Amazon nel nostro Paese, ha sottolineato che «conferma il suo impegno nel perseguire una politica di controllo fiscale attenta alle operazioni in Italia delle multinazionali del web.

Amazon, nelle ultime settimane al centro delle cronache per lo sciopero del centro spedizioni di Castel San Giovanni, ha evidentemente l’interesse a stemperare i conflitti, e la collaborazione in campo fiscale viene rivendicata come una nuova scelta strategica: «A maggio 2015, per garantire di avere in futuro la migliore struttura per servire i nostri clienti, abbiamo costituito la succursale italiana di Amazon EU Sarl che registra tutti i ricavi, le spese, i profitti e le imposte dovute in Italia per le vendite al dettaglio», spiega una nota dell’azienda Usa.

SI È DUNQUE «RAGGIUNTO un accordo con l’Agenzia delle Entrate su questioni del passato», conferma la multinazionale delle vendite on line, e «rimaniamo focalizzati a offrire una grande esperienza di acquisto ai nostri clienti in Italia, dove abbiamo investito oltre 800 milioni di euro dal 2010 e creato oltre 3 mila posti di lavoro».

Un passo avanti, l’accordo tra Amazon e il fisco, anche secondo Francesco Boccia (Pd), presidente della Commissione Bilancio della Camera, che ha lavorato parecchio per la introduzione di una web tax. «È la conferma che la web tax transitoria oggi in vigore sta funzionando», spiega il deputato.

«L’ECCELLENTE LAVORO fatto in questi anni dalla Guardia di Finanza, dalla Procura di Milano guidata da Francesco Greco, e dall’Agenzia delle Entrate conferma ancora una volta che il principio su cui ha lavorato il Parlamento italiano dal 2013 a oggi è sacrosanto – spiega ancora Boccia – Al tempo dell’economia digitale le imposte vanno pagate nel Paese in cui si fa business. L’accordo con Amazon, che si somma a quelli precedenti, è la conferma la necessità di un ulteriore rafforzamento dei principi che regolano la stabile organizzazione in Italia e in Europa al tempo del digitale. Nelle prossime ore completeremo il lavoro su legge di bilancio con proposte mirate agli effetti del digitale su fisco e funzione dei mercati».

La web tax è «transitoria» nel senso che non si è ancora stabilito un sistema di tassazione per i colossi transnazionali dell’on line, ma nel frattempo quest’anno è stata approvata alla Camera una norma che invita le aziende a raggiungere un accordo con il fisco. I precedenti sono rappresentati da Apple (ha versato 318 milioni per sanare gli anni 2008-2013) e da Google (306 milioni versati per gli anni 2002-2015).
Soddisfatta anche l’Unione consumatori, che invita la politica a lavorare per la web tax.