Nicola Fratoianni con Nichi Vendola in missione a Bari per tentare di ricucire il campo giallorosso, dopo l’annullamento delle primarie del 7 aprile voluto da Conte e dal candidato sostenuto da 5S e Si Michele Laforgia. Se Conte ha già detto di essere pronto ad andare alle urne con Laforgia, anche a costo di una divisione tra i progressisti (i dem sostengono Vito Leccese), Vendola e Fratoianni non ci stanno. E ieri a Bari hanno tenuto vari incontri per tentare di sbrogliare la matassa.

Sul tavolo ci sarebbe anche il nome di Vendola, una della pochissime figure in grado di riunire tutto il fronte di centrosinistra, compresi i 5s. L’ex governatore pugliese e presidente di Si è stato condannato nel 2021 a tre anni e mezzo per concussione aggravata nel processo Ilva: la sentenza di appello non è ancora arrivata ma, secondo la legge Severino, Vendola sarebbe comunque candidabile a sindaco. Arrivati a questo punto, con Laforgia che ha fatto un mezzo passo indietro e ha chiesto ai partiti che lo hanno sostenuto una sorta di dichiarazione di fiducia (arrivata da 5s, +Europa, Psi e liste civiche, non da Si e Iv), quello di Vendola potrebbe essere in effetti l’unico nome in grado di riaprire i giochi. Per evitare che Laforgia e Leccese si presentino alle elezioni di giugno ognuno per conto proprio.

Ma è possibile che dal cilindro di Fratoianni possano uscire anche altri nomi da sottoporre agli alleati per scongiurare la divisione. Il centrodestra, dopo mesi di attesa e di divisioni, ha trovato l’intesa: il candidato sarà il consigliere regionale leghista Fabio Romito, sabato la presentazione a Bari.

Oggi in città arriva Giuseppe Conte, che nei giorni scorsi aveva minacciato l’uscita dei 5s dalla giunta regionale guidata da Michele Emiliano (dopo il coinvolgimento dell’assessora Maurodinoia in un’inchiesta per voto di scambio). Un esito che alla vigilia appare improbabile. Sul tavolo del governatore Conte dovrebbe portare un protocollo per la legalità, un «corpus normativo», dicono i suoi. Un modo per dimostrare che i 5s non intendono mollare la presa sul tema. «Il M5S è nato per la legalità, per combattere corruzione, malaffare e privilegi, ha ribadito ieri l’ex premier su Instagram.

Ieri sera però è arrivata un’altra tegola giudiziaria sul govenrnatore. L’ex assessore regionale all’Urbanistica e alla Casa Alfredo Pisicchio (che poche ore prima si era dimesso dall’agenzia regionale per la tecnologia e l’innovazione) è stato arrestato insieme al fratello Enzo nell’ambito di una inchiesta della Procura di Bari riguardante presunti appalti truccati. Per Pisicchio le accuse di corruzione e turbata libertà degli incanti riguardano il periodo in cui era assessore, quando, secondo i magistrati, avrebbe utilizzato «la sua influenza politica e le sue relazioni per una gestione clientelare del suo ruolo, con favoritismi per ottenere ritorni in termini di consenso elettorale, mediante assunzioni nelle imprese favorite».

Ieri è stata audita in commissione antimafia la presidente della sezione misure di Prevenzione del tribunale di Bari, Giulia Romanazzi, che ha spiegato come la municipalizzata Amtab (in amministrazione giudiziaria dopo i 130 arresti dell’inchiesta «Codice interno») abbia subito «atti di natura estorsiva» in relazione all’assunzione di alcuni lavoratori vicini ad esponenti dei clan. «L’audizione ha provato la serietà e la determinazione dell’amministrazione di Bari nell’accertamento dei fatti e nel ripristino della legalità», dicono i parlamentari Pd dell’antimafia Verini e Serracchiani.

«Si smontano altri pezzi della storia costruita ad arte dalla destra barese e di governo contro la città e la giunta Decaro», rincara il deputato Lacarra. «La Presidente ha ribadito che l’Amtab non è stata in alcun modo connivente con la criminalità organizzata ma è parte lesa delle vicende emerse nelle scorse settimane».