«Bombe italiane, morti yemenite»: così il titolo in prima pagina del New York Times e sette minuti di reportage video online sulla vendita all’Arabia Saudita di armi prodotte in in Italia, in Sardegna dall’azienda Rwm, su licenza della società proprietaria, la tedesca Rheinmetall Defence. Il prestigioso quotidiano americano ha cercato tra le macerie delle case bombardate la traccia dei carichi di morte che partono dall’Italia, visto che le bombe della serie Mk8, sono identificabili dalle matricole A4447: una traccia che ha ritrovato in 5 attacchi in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi. In un raid una bomba italiana ha centrato una casa sterminando un’intera famiglia che dormiva.

Il governo italiano degli ex pacifisti Pinotti-Gentiloni – più volte in visita d’affari dai petromonarchi a Riyadh – un po’infastidito ha malamente risposto dalla Farnesina: «Abbiamo già fornito chiarimenti – è stata la e sprezzante reazione – l’Italia osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue. L’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».

Incredibile. Anche per un governo che, pur uscendo di scena, prepara una missione militare in Niger. E che a quanto pare «non conosce» i termini della legge italiana 185 del 1990.

Che, oltre a vietare le forniture di armi a paesi sottoposti a misure di embargo, le proibisce anche ai «Paesi i cui governi violano i diritti umani in modo accertato dai competenti organi dell’Onu, dell’Ue o del Consiglio d’Europa». E che i rapporteur dell’Onu in Yemen hanno certificato al Consiglio di sicurezza con vasta documentazione l’uso da parte dei jet sauditi di ordigni fabbricati dalla Rwm Italia per bombardare zone civili, tanto da costituire «crimini di guerra».

Ma il traffico di morte che ha provocato finora in Yemen quasi 14mila morti, non si fermerà, anzi la fabbrica sarda è pronta al raddoppio. Eppure Il Parlamento europeo con tre risoluzioni ha chiesto di porre l’embargo a Riyhadh; l’Onu già con Ban Ki-moon ammise le pressioni dell’Arabia saudita; Obama sospese le forniture che Trump rilancia con vigore; e la Germania ha contraddetto la ministra Pinotti sulle responsabilità dell’Italia. Che, certo non sola nel mercato bellico, fonda la sua crescita sulle esportazioni di armi. Un Made in Italy da «brava gente», come per le imprese coloniali. Anche se un merito c’è: le denunce dei pacifisti di Opal e Rete Disarmo hanno reso possibile il reportage del New York Times.
Intanto viene davvero da ridere o piangere – fate voi – di fronte all’allarme, alle premure e ai moniti delle forze dell’ordine e perfino del governo sui botti pirotecnici di fine anno.

Mentre va tutto bene, anzi «siamo in regola», sui «botti» di fine d’anno veri, quelli dei raid che anche con le nostre bombe uccidono ogni giorno i civili in Yemen. Buone feste.