Si cambiano i direttori come si cambiano le mascherine. Dopo nemmeno un anno dalla nomina, ieri la famiglia Agnelli ha dato il benservito a Carlo Verdelli, direttore di Repubblica, per sostituirlo con l’attuale direttore della Stampa, Maurizio Molinari.

Certo non si può sperare di mantenere l’autonomia e la storia di un giornale come Repubblica se la testata fondata da Scalfari viene venduta e comprata passando da De Benedetti junior al ramo Elkann degli Agnelli. Con una concentrazione editoriale mai vista che manda a quel paese le chiacchiere sulla libertà di stampa e il pluralismo dell’informazione nel nostro paese.

Con l’arrivo di Molinari, Repubblica (insieme ai suoi lettori) chiude con la propria storia pluridecennale. E ne inizia un’altra dove all’antico blasone della casata fondatrice si sostituisce il più prosaico gagliardetto della Juventus, che non ammette teste calde o grandi libertà politiche, un ambiente che Verdelli ebbe modo di conoscere da vicino quando dirigeva la Gazzetta dello Sport.

Resta da vedere come cambierà la linea editoriale del quotidiano di Largo Fochetti e se le firme autorevoli che hanno contribuito all’identità del giornale in tutti questi anni, nella politica italiana come in quella sugli scenari internazionali, continueranno ad esserne parte.

Naturalmente cambiare cavallo è un diritto dell’editore, ma dimettere Verdelli proprio nel momento in cui è sotto scorta per oscure e macabre minacce di morte, è un brutto, triste spettacolo, perché rivela una totale mancanza di sensibilità, oltre che una volgare caduta di stile.

Il paradosso è che proprio ieri era stata lanciata la campagna #iostoconverdelli, con un grandissimo successo nei social. Gli Agnelli evidentemente non stanno con Verdelli, e lo hanno licenziato.