Sì allo Ius soli, no ai centri di detenzione per gli immigrati irregolari. Il messaggio di papa Francesco per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (14 gennaio 2018), diffuso ieri dalla sala stampa vaticana, sembra un vero e proprio programma politico sulla questione delle migrazioni che, per restare al nostro Paese – ma il messaggio è rivolto a tutti gli Stati, non solo all’Italia -, è agli antipodi dalle ricette razziste dei fascio-leghisti alla Salvini e da quelle dei populisti a 5 stelle. Ma il messaggio di Bergoglio è anche molto distante dalle proposte securitarie del Pd di governo area Minniti, recentemente benedette dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana, solitamente più attenta agli equilibri e ai rapporti di forza e di potere interni che alla profezia evangelica.

«NEL RISPETTO DEL DIRITTO universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita», si legge nel messaggio che approva lo Ius soli. E boccia i Cie e gli altri centri di reclusione per i “clandestini”: «In nome della dignità fondamentale di ogni persona, occorre sforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati».

«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi» è l’incipit (tratto dal libro biblico del Levitico) del messaggio di Francesco che ricorda come la «preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà» – un «segno dei tempi» – ha caratterizzato il proprio pontificato fin dall’inizio, con la visita a Lampedusa l’8 luglio 2013, quattro mesi dopo l’elezione.

Quattro i verbi chiave, che danno il titolo al messaggio: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

«ACCOGLIERE – si legge nel messaggio di Bergoglio – significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei Paesi di destinazione», tramite l’incremento e la semplificazione della «concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare», «programmi di sponsorship privata e comunitaria» e «corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili» (un progetto, quello dei «corridoi umanitari», che da tempo portano avanti la Comunità di sant’Egidio e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia).

«Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso Paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali», prosegue papa Francesco, il quale afferma un principio che suonerà quanto mai impopolare in tempi di ansie da terrorismo: «Anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale».

Poi «proteggere» i «diritti e la dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio». Una protezione che, scrive il papa, «comincia in patria» – ma che è ben diversa dal ritornello «aiutarli a casa loro» -, fornendo «informazioni certe e certificate prima della partenza» e prevenendo le «pratiche di reclutamento illegale»; e prosegue «in terra d’immigrazione, assicurando ai migranti un’adeguata assistenza consolare, il diritto di conservare sempre con sé i documenti di identità personale, un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari personali, la garanzia di una minima sussistenza vitale», «la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione».

SONO DA PROTEGGERE in particolare i «minori migranti» ai quali «va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria», «la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare gli studi». Una sorta di Ius culturae.

Infine «promuovere» (la libertà religiosa, la formazione, l’inserimento socio-lavorativo) e «integrare». «L’integrazione – aggiunge il pontefice – non è un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale», ma un processo di «conoscenza reciproca» e di costruzione di società e culture «multiformi».

UN PROCESSO CHE, conclude papa Francesco, «può essere accelerato attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel Paese».