L’amore non lo vede nessuno, l’ultimo romanzo di Giovanni Grasso edito da Rizzoli (pp. 240, euro 19), inizia con il racconto di una morte, quella di Federica, una giovane donna deceduta in un incidente stradale. L’incipit della storia è proprio il suo funerale durante il quale la sorella Silvia, protagonista del romanzo, nota un signore distinto e affascinante che non riesce a collocare né tra i parenti e gli amici di Civello, né tra i colleghi milanesi di Federica che a differenza di quell’uomo mostrano una certa impazienza di rientrare in città e soprattutto nessuna commozione.
Con l’avvio della vicenda chi legge crede di trovarsi di fronte a un giallo: la morte di Federica, secondo un articolo della stampa locale, potrebbe non essere stata causata da un incidente, bensì da un sabotaggio, ipotesi suffragata dal fatto che la giovane donna aveva confidato a una sua conoscente, proprio poco prima di morire, di essere sotto ricatto. A cercare la verità è Silvia, nonostante non avesse mai avuto un buon rapporto con sua sorella e ad aiutarla è la sua amica Eugenia, complice e sostegno di tutta una vita, a differenza di Federica, troppo distante e incompatibile con Silvia.

IL PRIMO MISTERO da risolvere è l’identità dell’uomo presente al funerale e che regolarmente depone sulla tomba di Federica i suoi fiori preferiti: peonie. I due si incontrano proprio al cimitero e iniziano le loro conversazioni che poi costituiranno il fulcro dell’intero romanzo. Dopo aver stretto un patto secondo il quale Silvia si impegna a non cercare di conoscere il nome del suo interlocutore, P. comincia a raccontare alla donna di come si fosse perdutamente innamorato di sua sorella e di come questo sentimento fosse ricambiato.
Si incontrano ogni settimana alla stessa ora e in quell’occasione l’uomo misterioso fornisce a Silvia dei particolari non solo sulla sua relazione intima con Federica, ma anche sulla personalità della giovane donna, dandogliene una descrizione non certo edificante. Secondo P., Federica sarebbe stata una narcisista patologica che attraverso dei meccanismi psicologici pericolosi e manipolatori lo avrebbe dominato e costretto a delle pratiche relazionali e sessuali trasgressive. A innescare la malizia e le vendette di Federica sarebbe stato il diniego da parte di P. di lasciare la sua famiglia per avere una relazione solo con lei.

Silvia, nonostante Eugenia cerchi di metterla in guardia, crede fermamente alle parole di P. e lo fa anche perché il profilo che ne emerge di sua sorella corrisponde esattamente al modo in cui lei stessa la considera: una persona estremamente egoista, che sfrutta la sua bellezza e la sua spregiudicatezza per ottenere tutto ciò che vuole. L’interesse di questo testo, però, non risiede in questo terzetto psicologico con al centro un uomo amato da due sorelle che fra loro non si sono mai sopportate, bensì nelle pagine colte e particolarmente interessanti sulla dottrina cattolica.

ATTRAVERSO delle riflessioni che P. condivide con Silvia leggiamo della presenza in seno alla Chiesa di seguaci di una visione neodonatista, quindi di una concezione dell’umanità e poi della comunità ecclesiastica «rigida, fredda, distante». P. ribadisce anche che «è l’amore il centro focale del messaggio del Vangelo» e il suo interrogarsi sul senso del peccato apre a una riflessione importante e necessaria sulla spiritualità e sul ruolo della Chiesa non solo come istituzione politica ma come «una porta, una strada verso la salvezza».